Mediterraneo: oltre 1000 morti da gennaio. Un’indagine Ipsos sull’immigrazione

Mediterraneo: oltre 1000 morti da gennaio

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Sono 1.063 le persone annegate nel Mediterraneo dal 1 gennaio 2018. Un numero enorme, soprattutto se si considera che questo si riferisce solo alle persone che Unhcr è riuscita a tracciare. Sarebbe dunque tragicamente più corretto dire che le vittime “sono almeno 1.063” dall’inizio dell’anno e, secondo Unhcr, sono comunque destinate a crescere, poiché ci si aspetta un picco di partenze, legate al miglioramento del tempo e al mare più calmo.

L’ultima tragedia questa settimana, quando in un naufragio a largo delle coste libiche sono annegate 220 persone. Da quanto ricostruito da Unhcr, martedì “un’imbarcazione di legno che trasportava un numero imprecisato di rifugiati e migranti si è capovolta al largo delle coste libiche martedì. Dei circa 100 passeggeri stimati, sono sopravvissuti solo in cinque. Sono stati salvati dalla Guardia Costiera Libica e sbarcati a Mayia, alla periferia della capitale Tripoli”. Altri due incidenti, uno nella stessa giornata di martedì e l’altro mercoledì scorso hanno portato a 220 bilancio delle vittime.

Una settimana nerissima per il Mediterraneo, che si conferma la rotta migratoria più mortale al mondo ma rappresenta in realtà solo un tratto del viaggio infinito che i richiedenti asilo sono costretti a intraprendere per raggiungere la fortezza Europa. Mercoledì, nella Giornata Internazionale del Rifugiato, il Guardian ha pubblicato tutti i nomi delle 34.361 persone che, dal 1993 ad oggi hanno perso la vita, nel tentativo di costruirsi un futuro da questa parte del Mediterraneo. A redigere la lista United for Intercultural Action, un network di 550 organizzazioni anti-razziste attive in 40 Paesi. Tra le prime morti identificate, 25 anni fa, quella di Gerry Johnson, liberiano, morto di stenti mentre viaggiava all’interno di un container, a Feldkirch, in Austria, e quella di Kwaku Agyei, ghanese di 35 anni, morto suicida a Monaco, dopo avere appreso che sarebbe stato deportato.

La lista è stata ripresa da Il Manifesto e Repubblica, ma è importante sottolineare che si riferisce solo alle morti che sono state dichiarate, “il bilancio è quasi sicuramente molto più alto di 34.361”.

Sono moltissime le morti che non vengono dichiarate e le persone di cui si perdono le tracce.

Gli italiani sono razzisti? “No. Ma certamente spaventati”

Indagine Ipsos: il 48% è incerto su temi come l’immigrazione, l’integrazione e l’accoglienza. “Non hanno perso capacità di empatia e compassione verso chi è in difficoltà. Ma prevale la paura”. E Amref lancia la campagna “Voci di confine” per una nuova narrazione delle migrazioni

21 giugno 2018

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MILANO – Italiani razzisti? No. Ma certamente spaventati. Il 48% vive infatti una situazione di incertezza rispetto a temi come l’immigrazione, l’integrazione e l’accoglienza. “Hanno ancora una grande capacità di provare empatia e compassione verso chi è in difficoltà. Ma questa loro dote è soffocata dalla paura. Una paura che vivono sulla propria pelle”, spiega Chiara Ferrari, che ha curato la ricerca di Ispos su un campione di 2 mila persone sul loro approccio ai temi dell’immigrazione e dei rifugiati. Questi italiani incerti rappresentano il gruppo maggioritario e “si sentono abbandonati dalle istituzioni, che non sono state in grado di gestire l’accoglienza e l’integrazione”.
La ricerca è stata presentata questa mattina a Palazzo Marino, durante il convegno “Voci di confine: la migrazione è una storia da raccontare. Per davvero”, organizzato da Amref Health Africa onlus. “Le migrazioni sono tutti i giorni in prima pagina, quasi sempre come un problema di mero ordine pubblico, di sicurezza, e nei continui tentativi di criminalizzare le ong – sottolinea Guglielmo Micucci, direttore di Amref-. Tutto ciò influisce sulle attitudini e i comportamenti dei singoli, aumentando le paure e i pregiudizi”. Durante la ricerca sono stati condotti anche dei focus group con alcuni degli intervistati. “Di fronte alla domanda su chi sono gli immigrati c’è chi ha risposto che o sono dei perseguitati o sono clandestini -racconta Chiara Ferrari-. E gli altri? Tutto quelli che sono in Italia da decenni e lavorano? Sono come scomparsi dall’immaginario dell’opinione pubblica”.

La ricerca di Ipsos traccia il profilo di altri gruppi di italiani, minoritari rispetto a quello degli incerti e spaventati. Ci sono innanzitutto i cosmopoliti (il 12% degli intervistati), i più favorevoli all’accoglienza e ottimisti sul futuro del nostro Paese. All’estremo opposto troviamo i cosiddetti nazionalisti ostili (7% del totale), gruppo con i valori più chiusi. In mezzo i cattolici umanitari (16%), aperti all’immigrazione per ragioni di carattere religioso, e i difensori della cultura (17%) più preoccupati di difendere l’identità dell’Italia.

I risultati dello studio evidenziano, più in generale, che in Italia serpeggiano un’insoddisfazione diffusa per lo status quo. Il 43% degli intervistati è pessimista sul futuro della società, mentre solo il 19% è dell’opinione opposta. Il restante 38% è o insicuro o neutrale. C’è poi una profonda sfiducia per la situazione politica: il 73% del campione ritiene che i partiti tradizionali e i politici non si preoccupino della gente comune,e il 60% che il sistema economico attuale favorisca solo i ricchi e i potenti. La visione delle prospettive economiche, però, è più ottimistica: le percentuali di coloro che si aspettano miglioramenti, peggioramenti o stabilità delle condizioni sono molto vicine fra loro.

Sull’immigrazione la maggior parte della popolazione (57%) pensa che abbia un impatto negativo sul Paese, specialmente dal punto di vista economico. Tutto ciò alimentato da diversi fattori. Innanzitutto la convinzione che gli immigrati, rispetto agli italiani, siano spesso disposti a lavorare di più per un salario inferiore (la pensa così il 73% del campione). Il 42% circa è convinto poi che i migranti possano diventare una minaccia per il nostro Paese, mentre il 50% asserisce che se il governo italiano non è in grado di gestire la situazione, i cittadini dovrebbero prendere il controllo. E l’integrazione viene vista come qualcosa che difficilmente potrà realizzarsi. Il 44% degli italiani pensa che gli immigrati non si sforzino di integrarsi nella nostra società, mentre solo il 29% è dell’opinione opposto (il 25% è indeciso). Ciononostante, la stragrande maggioranza degli intervistati (72%) sostiene che sia giusto il principio dell’asilo politico e che chi è perseguitato abbia diritto di trovare rifugio in altre nazioni, compresa la propria (solo il 9% è contrario).

“Noi vogliamo invertire questa tendenza -aggiunge il direttore di Amref-, assumendoci la responsabilità di narrare le migrazioni, moltiplicando le voci e l’impatto delle esperienze dirette, delle storie, dei dati che possono rivelare il vero volto della migrazione e anche le opportunità che essa rappresenta”. “Voci di confini” oltre che il titolo del convegno di oggi, è anche un progetto per lanciare una nuova narrazione delle migrazioni e coinvolge 16 organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti umani, enti locali di confine, associazioni delle diaspore, imprese sociali, enti di ricerca (www.vocidiconfine.com). (Francesco Mauri/dp)

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