L’accoglienza è civiltà

Quello che sta avvenendo nel nostro paese è estremamente preoccupante con ministri della Repubblica che manifestano atteggiamenti razzisti ed xenofobi al solo scopo di mascherare la propria incapacità di affrontare i veri problemi del paese a partire dal lavoro e dalla disuguaglianza. Si alimenta l’odio dei penultimi nei confronti degli ultimi, si propongono schedature etniche di cui nessuno si vergogna a 80 anni dalle leggi razziali del fascismo che quelle pratiche le adottarono con gli italiani di fede ebraica. Come in un circo romano il popolo assiste festante  alla lotta dei disperati che solo la benevolenza del regnante potrà salvare o condannare ma la cui vita non ha nessun valore. Non è una distinzione tra barbarie e civiltà ma tra umano e disumano perchè i diritti dell’uomo valgono per tutti indistintamente. Per questo ho deciso di ripubblicare questa riflessione che avevo scritto dopo un incontro con il giornalista della Stampa Domenico Quirico avvenuta qualche mese fa. Tutti abbiamo avuto un’educazione cattolica ( la Chiesa «è cattolica perché è universale, è sparsa in ogni parte del mondo e annuncia il Vangelo ad ogni uomo e ad ogni donna. La Chiesa non è un gruppo di élite, non riguarda solo alcuni. La Chiesa non ha chiusure, è inviata alla totalità delle persone, alla totalità del genere umano.” -Papa Francesco I) che ha nella compassione il fondamento dell’essere umano, chi non è religioso la coniuga in solidarietà umana, condivisione comunitaria e invece oggi sembra, come ha scritto Calabresi, che “pietà l’è morta”. In questi primi mesi del 2018 migliaia di persone sono morte nel Mediterraneo per cercare una vita migliore e questo non può lasciarci indifferenti. Se accadesse a noi e ai nostri figli saremmo indignati e furiosi. La dignità è di tutti e non solo di qualcuno. Liberté , Egalité , Fraternité non sono solo il simbolo della rivoluzione francese ma il fondamento della civiltà occidentale. Dovrebbero essere la base di ogni amministrazione democratica.(LR) 22.6.18

L’esperienza dell’accoglienza di cui essere fieri

 Lui, il migrante, è un uomo che ha solo un minuto di speranza, di farcela di essere accettato di avere il pezzo di carta, un minuto contro, due, tre, cinque anni di disperazione. Che è il tempo del suo viaggio. Lui vive di questo: del minuto di speranza. Come puoi chiedergli di buttarlo via con una risposta incauta? Non è molto, è una realtà quasi impalpabile. Non sa se la mia compassione sia finta. Forse lo è. Ma come rischiare? La sua inquietudine, sì, quella è sincera e ha ben motivo di essere inquieto.(D.Quirico) 

La misericordia è stato il cemento con cui abbiamo impastato nei secoli passati la nostra storia(…) la compassione per il dolore degli altri ci fa vedere la bellezza più grande della terra, quella nascosta nel cuore delle persone. (L.Bruni)

In occasione dei 25 anni di attività dell’Associazione Progetto Accoglienza è stato organizzato un incontro con il giornalista Domenico Quirico della Stampa , inviato che ha vissuto una terribile esperienza di sequestro durante un suo viaggio inchiesta in Siria. Quirico ha scritto molto sul mondo dei migranti ed è andato in prima persona a rendersi conto della situazione nelle zone dell’Africa da cui questa migrazione ha luogo per capirne le motivazioni, le cause che spesso mancano nel racconto che quotidianamente leggiamo sui giornali o sentiamo nei servizi televisivi. La vera preoccupazione non è per coloro che fuggono ma per coloro che devono accogliere e nel cinismo più generale i morti in mare o nel deserto sono solo “un problema in meno” da dover affrontare.”Che fine fanno quelli che rimandiamo indietro, il popolo dei barconi che le motovedette libiche «salvano» prima che entrino nel nostro mare: quelli per cui inizia il vero viaggio, che è al di fuori di se stessi? I migranti che evaporano nel nostro limbo di disattenzione, che non sono per noi più migranti, un figliol prodigo senza la casa in cui ritornare? A quale destino li consegniamo, noi che abbiamo cessato di dare?”(D. Quirico)  

Quirico ha spiegato bene che ci sono milioni di persone che si muovono a sud del Sahara alla ricerca di un lavoro, di cibo e per sfuggire a guerre e persecuzioni in zone dove non esistono stati ma solo territori dominati da bande criminali più o meno connotate dal punto di vista politico o religioso. Nella Libia prima del 2011 si valuta che vi fossero oltre due milioni di emigrati impiegati in attività lavorative di vario tipo e sono persone che sono rimaste in gran parte intrappolate nel paese dopo la caduta di Gheddafi senza nessun diritto. “ per i migranti in fuga la Libia oggi è un inferno eppure il paese nordafricano per decenni ha rappresentato la meta di un’altra migrazione , quella lavorativa, prima del 2011 i migranti impiegati ufficialmente nell’economia libica, ricca e in espansione , erano quasi un milione su una popolazione complessiva di 6 milioni.Secondo Foreign Policy se a quella cifra si uniscono quelli privi di documenti, i migranti lavoratori in Libia prima della rivoluzione del 2011 raggiungevano i due milioni e mezzo, cioè un terzo degli abitanti del paese”(francesca Mannocchi)
Qualche milione di queste persone vive ora imprigionato sempre in Libia scambiato tra varie bande criminali, molto spesso legate al potere politico e alle stesse forze militari, che fanno del “commercio dei migranti” il loro unico business. Che perdano la vita nella traversata o nei centri di detenzione non ha nessuna importanza per coloro che lucrano sulle violenze e il ricatto.
“Ci è impossibile censire la presenza dei migranti – racconta un esponente di una ong libica – e la nostra sensazione è che negli spostamenti da un centro all’altro si stiano perdendo le tracce di decine di persone , cedute, vendute, rapite . Nessuno può dirlo. Ci sono dei funzionari del ministero dell’Interno che gestiscono parte del business delle partenze a ovest di Tripoli, è loro interesse non perdere controllo sulla “merce”, i migranti che vivono in Libia nelle baraccopoli nascoste nelle periferie delle città sono migliaia, vivono in stanze di cemento, dormono in cinque, dieci in una stanza, non escono mai se non per lavorare , sfruttati dai libici” (idem) Da questo inferno è difficile fuggire come racconta un ragazzo del Ghana : “Ci dobbiamo difendere dalla polizia, dagli Asma boys, dalle guardie delle prigioni, chiunque può catturarti e venderti. Stare qui è una scommessa, come attraversare il mare, puoi vivere o morire. Io sono scappato dalla povertà ma è meglio la povertà di questo inferno”.

Domenico Quirico conosce e racconta questa realtà nei suoi articoli e nei suoi libri e parlando dei migranti ha ricordato che molti vorrebbero dividerli in due componenti : quelli “utili” e “quelli inutili”. Ovviamente quelli “utili” sono quelli che conoscono le lingue , hanno una professionalità da poter spendere sul mercato del lavoro, sono facilmente inseribili in ogni contesto sociale e lavorativo e quelli “inutili” la gran massa che fugge che conosce qualche dialetto e qualche parola in lingua straniera e cerca “solo” pace e lavoro senza avere nessuna specializzazione.
Ecco , ha detto Quirico in quell’incontro al Villaggio La Brocchi, io mi voglio occupare di questi migranti “inutili” in quanto persone che hanno dei diritti riconosciuti dalla comunità internazionale e che la comunità internazionale dovrebbe far rispettare. Lo stesso discorso vale per la capziosa distinzione tra rifugiati politici da accogliere e migranti economici da respingere.

Tutti gli anni il 10 dicembre si celebra la giornata universale dei diritti dell’uomo per ricordare la dichiarazione del 1948,  ma  non abbiamo letto un articolo per ricordarlo perchè sarebbe stato come farsi un esame di coscienza senza assoluzione. Sulla questione dei migranti sono stati violati la gran parte dei 30 articoli che compongono la Dichiarazione, di cui nel 2018 si dovrebbero festeggiare  i 70 anni, senza la volontà di percorrere strade alternative a quelle che stanno provocando dolore, sofferenze e morte e che devono partire dalla soluzione delle situazioni di conflittto e guerra che vivono sul commercio delle armi e il controllo di materie prime da parte dei paesi sviluppati. Apertura di corridoi umanitari per le zone di guerra e di quote di emigrazione attraverso i normali canali di comunicazione sono tutte soluzioni percorribili superando l’ottusità della xenofobia oggi galoppante.

“ E non si dimentichi: la fraternità è una responsabilità collettiva sempre da rinnovare, soprattutto oggi, in un tempo in cui sembra fragilissima, vittima dell’incapacità di riconoscere l’altro. Come se essere sconosciuti, stranieri, poveri, impedisse la fraternità … al contrario , dovrebbe potenziarla”(E.Bianchi)
Venticinque anni fa ispirandosi ai principi della fraternità e della solidarietà è nata l’Associazione Progetto Accoglienza a Borgo San Lorenzo per “ svolgere qualunque opera di accoglienza e accompagnamento nei confronti di persone bisognose, italiane e straniere, tale da favorire l’inserimento e l’integrazione nel lavoro e nella vita sociale”. Allora erano altre le migrazioni ma non i problemi ma nessuno pensava di speculare politicamente sul dolore e le speranze di chi fuggiva dopo la caduta di dittature a noi molto vicine.
“Promuovere e gestire anche in forma associata, progetti di accoglienza, di una cultura di pace, sui diritti umani, sulla giustizia, sulla legalità democratica, di cooperazione, di intercultura e incontro fra i popoli” erano altri compiti che l’associazione ha svolto in questi anni riuscendo anche a formare professionalità che hanno permesso di affrontare con competenza anche i recenti flussi migratori. E’ stato da questo lavoro che è nata la proposta del Villaggio La Brocchi come centro per profughi e richiedenti asilo (sprar) costruita grazie alla determinante collaborazione dell’Istituto degli Innocenti, proprietario della struttura, della Comunità Montana del Mugello, della Provincia di Firenze presieduta da Michele Gesualdi, della Regione Toscana e della prefettura, ovvero del Ministero dell’Interno. L’accordo prevedeva che la gestione della struttura venisse assegnata per 15 anni all’Associazione Progetto Accoglienza, con scadenza quindi al 2017, mentre la titolarità del progetto era in capo al comune di Borgo e alla Comunità Montana.
Nel settembre del 2007 il prefetto di Firenze definì l’esperienza del Villaggio La Brocchi tra le più avanzate iniziative per l’accoglienza”, sottolineando così l’importanza strategica di questa struttura per una risposta umanitaria ai problemi delle famiglie di immigrati o rifugiati con minori.
Questo non è stato sufficiente per evitare nel corso degli anni atteggiamenti di ostilità verso questa esperienza e verso l’associazione.con
campagne di stampa a livello locale e di interrogazioni in consigli comunali e della Unione dei Comuni che hanno comportato a suo tempo anche  un’approfondita indagine della Guardia di Finanza. Una situazione paradossale che va al di là  della necessità di conoscere dati e situazioni e di richiedere  la massima trasparenza, come se dietro questo accanimento vi fossero altri fini. L’avvicinarsi della scadenza e la nuova gara per lo Sprar hanno riacceso queste strumentali polemiche che esulano dal lavoro svolto in questi anni. La trasparenza è solo un paravento di un rancore che non ha niente a che vedere con la critica , non si palesa mai in prima persona e in passato non ha esitato a farsi scudo di esponenti politici chiaramente xenofobi. “Ci sono molti cattolici che si sentono tali e affermano con forza questa loro identità, che sono magari fedeli alle pratiche della messa e delle attività parrocchiali, che sanno alzare la voce in difesa dei valori da loro definiti “non negoziabili” , ma che non nutrono interesse per il cristinesimo e il Vangelo.” Sono i “ cattolici del campanile “ come li definisce Enzo Bianchi attenti alla forma non alla sostanza del messaggio cristiano che confessano il peccato di onanismo ma non quello della superbia e del rancore. Di fronte al loro interesse personale dimenticano il valore della misericordia e sono incapaci di carità. “Perché la misericordia è una condivisione amorosa e , in questo senso, è un “com-patire” con la persona sofferente, è un coinvolgimento del cuore, cioè dell’intimità profonda, della sua coscienza “(G. Ravasi)
Si dicono religiosi ma sono privi di umanità, sono moralisti ma privi di etica . Hanno smarrito il filo che lega la comunità per un risentimento senza perdono per chi ha scelto di passare dalla testimonianza all’azione quotidiana condivisa nel nome della solidarietà e dell’uguaglianza. Purtroppo abbiamo smarrito la capacità di mettersi nei panni degli altri che è la base della vera solidarietà lasciando spazio al disumano(G.Viale)
Oggi che l’accoglienza è diventata per alcuni anche un business ci si dimentica di chi ha percorso quella strada piena di insidie in tempi non sospetti creando un tessuto sul territorio e formando decine di persone e operatori capaci di permettere ad una zona come il Mugello di essere stata un punto di riferimento non solo nazionale. La politica che non sa valutare le competenze e si affida alla neutralità del massimo ribasso e dei servi fedeli è destinata a soccombere sotto la propria mediocrità.

Chi comanda finisce per esercitare il potere in modo egocentrico, per chiedere atti di fede nella sua persona e non in un progetto politico; tenta di apparire pieno di forza, capace di decisioni improvvise ma prive del fondamento dell’analisi e del confronto(…) così la politica si indebolisce, si eclissa e la democrazia si svuota”(E. Bianchi) e tanti giullari sono pronti a fare a gara per far sorridere il principe.

«Di che hai paura?». «Ho paura di Dio». «Anche io ho paura di Dio, tutti abbiamo paura di Dio, ma non può essere solo questo… ». «Ho paura di quattro cose: di restare senza soldi durante il viaggio, di non trovare il lavoro laggiù, di sparire nel deserto o in mare senza che nessuno sappia più nulla di me. Soprattutto ho paura del mare».(dq)

Leonardo Romagnoli

12.12.17

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