Mugello : Impianti a biomasse e territorio

Impianti a biomasse e territorio: il Mugello e il caso Renovo

 

sancarlo

Ho cercato in un articolo pubblicato qualche mese fa qui di fare il punto sulla produzione di biomasse in Mugello e nella provincia di Firenze valutandone l’importanza strategica per un territorio come il nostro dal punto di vista energetico e anche ambientale. Un’opportunità che potrebbe trovare un sostegno fondamentale nella nuova programmazione comunitaria 2014-20 che  destina a questo scopo ingenti risorse economiche considerando le biomasse un tassello da non trascurare per gli obiettivi di produzione di energia da fonti rinnovabili previsti al 2020. Vorrei che fosse chiaro che stiamo parlando di biomasse vegetali essenzialmente legno e scarti di produzioni agricole non di rifiuti che sottendono ad un’altra legislazione.
A scanso di equivoci dico subito che  sono favorevole agli impianti a biomasse, soprattutto di piccole dimensioni, ma ogni impianto va analizzato in rapporto al territorio per cui cercherò anche di specificare quello che non mi convince nella proposta Renovo di cui si discute tanto in Mugello.

Prima però bisogna partire dagli atti di indirizzo generale che inquadrano gli investimenti nel settore energetico e per la Toscana c’è il PAER (Piano ambientale energetico regionale) approvato proprio in questi mesi dal Consiglio regionale che tratta anche della  filera del Legno e delle agrienergie.cippatrice
“Vi sono in Toscana tutte le condizioni per favorire la nascita di una filiera produttiva a partire dalla raccolta o produzione dedicata, da destinare a cippato ma anche alla bioedilizia e , più in generale, all’efficienza energetica” scrive il Paer e ricorda che “ annualmente , tra residui forestali e residui agricoli, senza cioè produzioni dedicate, la biomassa legnosa a disposizione ammonta a poco più di 600.000 tonnellate (..) che si traduce in una potenzialità di circa 60 Mwe di potenza elettrica prodotta dall’impiego di biomasse”. Secondo il prof. Bonari del S.Anna di Pisa  se si sommano le biomasse forestali a quelle agricole potrebbero essere installati piccoli impianti di cogenerazione per 300 Mwe.
Al di là delle potenzialità ci sono comunque problemi da non sottovalutare :”la fase della raccolta risulta la più delicata anche perché, per essere vantaggiosa necessita di un prezzo predefinito e di una destinazione sicura del prodotto”. Per la Regione  anche la produzione di energia elettrica e termica richiede la combinazione di più fattori:
1) la partecipazione diretta dei territori alla individuazione di siti adeguati ad accogliere piccoli impianti in cui la produzione di elettricità e calore venga totalmente impiegata;
2)la partecipazione del credito  a tali operazioni per consentire la realizzazione degli impianti;
3) l’innovazione tecnologica anche ai fini del miglior impatto ambientale.
Sulla base di questi principi il Paer promuove gli impianti a biomasse anche se rimanda  a ulteriori elementi valutativi specifici per impianti sottoposti a regime autorizzatorio che “potranno tener conto della provenienza delle biomasse utilizzate e del relativo bilancio emissivo “(p.55)
Ma non c’è dubbio che anche l’Europa riservi un ruolo non marginale alle biomasse tanto che  il Burden Sharing  invita  in Toscana a raggiungere al 2020 una produzione di 909 Gwh (79 Ktep) per l’elettrico e i 446,6 Ktep nel termico.
“Gli impianti a biomasse, come altri impianti alimentati da fonti rinnovabili, garantiscono un significativo contributo per il raggiungimento degli obiettivi e degli impegni nazionali, comunitari e internazionali in materia di energia e ambiente” scrive la Regione Toscana  e “La moltiplicazione degli impianti a biomassa rappresenta un’opportunità importante sia per il comparto energetico ma anche per quello agricolo-forestale, richiede però anche un’attenta modalità di gestione del territorio per indirizzare i proponenti verso progetti che minimizzino gli impatti ambientali locali e tengano conto delle peculiarità del territorio toscano “ per questo il Paer contiene anche un allegato sulle aree  non idonee alla produzione di energia elettrica da  biomasse che tra le varie finalità  ha anche  quello di assicurare un corretto inserimento degli impianti nel paesaggio e sul territorio e “assicurare il minor consumo possibile di suolo e il minor impatto possibile dal punto di vista percettivo, garantendo comunque l’efficienza e la resa dell’impianto”.
Tra i criteri generali viene considerato elemento di riferimento “il riutilizzo di aree già degradate da attività antropiche, pregresse o in atto, tra cui siti industriali, cave, discariche, etc” e “l’effettiva valorizzazione e recupero di energia termica prodotta nei processi di cogenerazione”. Tra i criteri di inserimento si chiede di privilegiare “localizzazioni in aree dotate di una rete viaria idonea tale da poter essere utilizzata come viabilità di accesso senza che ne siano alterate le caratteristiche di ruralità”(quando evidentemente si realizza l’impianto in area agricola). Infine  il piano regionale detta perfino i criteri per realizzare depositi e aree di stoccaggio. Oltre a questo il Paer ricorda che “occorrerà definire le strategie, in raccordo con le politiche per l’Agricoltura, per poter definire una vera  e propria filiera del legno che sappia coniugare le esigenza di tutela e valorizzazione del patrimonio forestale con la diffusione di fonti energetiche rinnovabili”(p.124)bosco3
La Regione ha anche sottoscritto nel dicembre del 2012 un protocollo d’intesa con Anci, Uncem , organizzazioni sindacali dei lavoratori , cooperative e organizzazioni agricole per promuovere la realizzazione in Toscana una rete di piccoli impianti (sotto 1 Mwe) di cogenerazione alimentati a biomasse legnose da collocare “ preferibilmente in zone industrializzate anche con la finalità di assicurare l’impiego del calore prodotto”.

Nonostante questo molti impianti a biomasse , anche di dimensioni inferiori a 1Mwe, incontrano un’opposizione da parte  di cittadini e comitati come documentato da Arpat nella newsletter 36 del 15 febbraio scorso. Le motivazioni sono comprensibili anche se , per alcune questioni, non sempre accettabili  come quando si assimila un cogeneratore a biomasse ad un inceneritore di rifiuti. Si tratta di impianti diversi , sottoposti ad una diversa legislazione e che , date le dimensioni , avrebbe poco senso anche economicamente destinare ai rifiuti  visto che non verrà realizzato , perchè non vantaggioso, neppure l’ inceneritore di Selvapiana che doveva trattare 80.000 tonnellate di rifiuti e sta incontrando difficoltà anche Case Passerini , impianto che rischia di essere superato dagli obbiettivi europei e di legge imposti per la raccolta differenziata e il riciclo dei rifiuti. C’è chi parla di Forsu (cioè la frazione organica) come possibile  “biomassa” ma anche in questo caso , oltre a non essere possibile per legge, non ci sarebbe nessuna razionalità economica visto il potere calorico di questi rifiuti e soprattutto vista la presenza in zona di un impianto di compostaggio che ha una capacità di trattare oltre 30.000 t. annue di forsu per produrre compost (c’è già un accordo con l’azienda Frescobaldi in tal senso).

L’obiezione rifiuti non mi sembra sostanziata da nessun dato mentre è comprensibile, come dice Arpat che “la combustione venga percepita come un elemento negativo diventando spesso quasi sinonimo di inquinamento dell’aria”. Dire che non ci sono emissioni sarebbe assurdo, “tutti i processi di combustione provocano il rilascio in atmosfera di sostanze inquinanti e  potenzialmente dannose per la salute e l’ambiente e da questo punto di vista gli impianti a biomassa non fanno eccezione” . Ma tutto va riportato a dati reali e rapportato alle tecnologie utilizzate e da questo punto di vista le centrali a biomasse, come quelle che sono già in funzione in molti comuni e frazioni del nostro territorio, hanno un’ alta efficienza energetica e sono dotati di sistemi di filtraggio e abbattimento dei fumi che non creano  problemi  seri nemmeno in contesti  urbani fortemente antropizzati. “Una buona centrale a biomassa che riscaldi un certo numero di abitazioni inquina meno di tanti caminetti domestici tradizionali”.

Federico Valerio, studioso che viene spesso citato dai critici delle centrali a biomasse scrive che  “L’uso di biomasse legnose per la produzione di calore per usi domestici produce importanti impatti ambientali all’interno e all’esterno delle abitazioni, dovuti alle emissioni di sostanze tossiche e cancerogene. Un particolare problema associato alla combustione delle biomasse è l’alta concentrazione di polveri ultrasottili (<1 micron) nei fumi. Questo problema è di entità maggiore negli impianti domestici ma riguarda anche i grandi impianti termoelettrici alimentati con biomasse legnose. In entrambi i casi, i fattori di emissione attualmente disponibili segnalano che, a parità di energia prodotta, le emissioni di caldaie a biomasse, sono nettamente superiori alle emissioni di centrali alimentate con metano. Gli effetti sulla salute delle esposizioni ai fumi prodotti da impianti a biomasse per usi domestici, possono essere rilevanti e le emissioni di grandi centrali a biomasse, in particolare PM2,5, richiedono adeguati e urgenti monitoraggi ambientali e sanitari per valutare l’opportunità di continuare a incentivare, con sovvenzioni pubbliche, la produzione di elettricità con la combustione diretta di biomasse solide.”(2012)
Nel settore della combustione di biomasse la tecnologia ha fatto passi in avanti anche nel settore domestico abbattendo notevolmente gli inquinanti descritti da Valerio , ma è soprattutto negli impianti più grandi che si stanno ottenendo i risultati migliori.
Negli impianti con potenza superiore ai 500 kW il fattore di emissione è  influenzato dal sistema filtro applicato. Installando un elettrofiltro o un filtro a manica a valle del multiciclone si riescono a garantire livelli di emissioni di PM inferiori 20Mg/NmCubo. Lo stesso Valerio nel suo studio riporta alcuni studi effettuati nel 2011 in cui è  emerso che impianti che utilizzano filtri elettrostatici hanno ottenuto basse concentrazioni di polveri nei fumi(15,8 – 2,3 mg/Mcubo) e anche i filtri a manica hanno un’alta efficienza:
“Le prestazioni migliori sono attribuite ai filtri a manica, con efficienza di abbattimento di particelle, con dimensioni  tra 0,05 e 1 micron, superiori al 99,5% e in grado di trattenere  anche metalli pesanti e diossine”. Nonostante questo Valerio  mantiene il suo parere critico (soprattutto quando parla di impianti superiori ai 10MWe)  sull’utilizzo delle biomasse anche se sottolinea che “opportuni incentivi a scelte tecnologiche meno impattanti della combustione diretta delle biomasse, quali la trasformazione in combustibili gassosi (syngas, biometano, idrogeno) e liquidi (metanolo, etanolo e olio diesel) di biomasse lignocellulosiche, grazie a tecnologie che stanno uscendo dalle fasi sperimentali, potrebbero essere la risposta corretta, dal punto di vista energetico, ambientale e sanitario, per inserire a pieno titolo le biomasse tra le fonti d’ energia rinnovabile a basso impatto ambientale, a favore dell’intera umanità.”bosco vento 2

L’ AUTORIZZAZIONE PROVINCIALE

Come previsto dalla legge regionale dopo lo svolgimento di una conferenze dei servizi , la Provincia di Firenze ha rilasciato l’autorizzazione alla costruzione dell’impianto Renovo da 1 Mwe il 23.6.2014 (i lavori devono iniziare entro un anno dal rilascio pena la decadenza dell’autorizzazione).
Il documento stabilisce quale è la biomassa utilizzabile nell’impianto:
1) Legno prefrantumato e scarti di legno vergine
2) potature di olivo
3) Sansa vergine a tre fasi
4) sottoprodotti della gestione del bosco e sottoprodotti della lavorazione dei prodotti forestali
Sulle vinacce vergini  la provincia ” ritiene di non disporre degli elementi sufficienti per autorizzare tale tipologia di combustibile” e l’Arpat esprime perplessità non rientrando nell’allegato X del 152.
L’impianto  dovrebbe occupare una superficie di 4700 mq di cui 1393 per il fabbricati centrale comprendente  cogeneratore e uffici, 2.227 di viabilità e parcheggi, 525 mq di area stoccaggio, 537 aree verdi e 18mq cabina enel.
Al di là degli aspetti tecnici sono invece interessanti ai fini di una valutazione complessiva i rilievi svolti nella Conferenza dei servizi dove si accenna anche alla volontà della  Renovo di realizzare accanto al cogeneratore, con una società del gruppo, un impianto di essiccazione  di legno vergine per la produzione di “biocombustibile ecologico quale cippato stabilizzato e Pellet” utilizzando il recupero dell’energia termica(circa 4Mwt). Sempre  il proponente dichiara di voler  realizzare una rete di teleriscaldamento per servire la nuova lottizzazione e per altre attività produttive presenti nella zona (nella documentazione è presnete una manifestazione d’interesse da parte di Chi-Ma). La Conferenza dice però chiaramente che l’eventuale  accordo sul teleriscaldamento stipulato con il Comune deve essere acquisito dalla conferenza stessa ” al fine di poter definitivamente classificare l’impianto in cogenerazione, diversamente non è giustificabile la produzione di energia termica e quindi la classificazione come impianto cogeneratore”.
Altra sottolineatura riguarda la tracciabilità della biomassa e il reperimento nell’ambito locale, “Tale requisito, scrive la commissione, risulta verificato in base agli studi riportati, si ritiene comunque necessario porre una misura cautelativa, prima dell’inizio dei lavori, per la presentazione degli accordi di reperimento della biomassa locale relativa a : 1) sottoprodotti dalla lavorazione  dei prodotti forestali,2) sottoprodotti della gestione del bosco,3) legno prefrantumato e scarti di legno vergine“.
La commissione giudica poi poco credibili i riferimenti agli eventuali scarti dei frantoi e della coltivazione degli olivi tanto che chiede siano esibiti contratti preliminari per ” l’approvvigionamento delle potature di olivi e sansa a tre fasi”.  Ricordo che le sole potature di olivi e viti  vengono valutate nella sola provincia di Firenze in 70.000 t. annue. Per le sanse dubito fortemente nel loro utilizzo all’interno di cogeneratori  visti i  numerosi progetti ormai più che sperimentali che ne permettono l’utilizzo anche a livello aziendale.
Le considerazioni più critiche arrivano da  Arpat e riguardano anche l’impianto di produzione di cippato
” che Renovo si impegna a vendere a prezzo ridotto ai residenti locali , riducendo le emissioni di CO2 e i costi di energia termica., qualora tale pratica ( la diffusione degli impianti  domestici a cippato. Ndr) dovesse concretizzarsi, si potrebbe assistere, a fronte di una riduzione della CO2, ad un incremento non sostenibile delle emissioni di particolato, minore se viene sostituito il gasolio, non accettabile nel caso di sostituzione di combustibili gassosi”. L’esperienza dimostra che la sostituzione di Gpl con biomasse in aree montane e sempre risultata molto vantaggiosa.
La Conferenza ha comunque espresso un parere sostanzialmente positivo.

IL PROGETTO RENOVO

Il progetto nell’illustrazione fatta a Scarperia prevede anche la realizzazione di un impianto di produzione di pellett per riscaldamento domestico e industriale con u  fabbisogno di materia prima, ovvero legname vergine , di 80-96.000 ton. per una capacità produttiva di  40-60.000 ton di pellett.
L’impianto di cogenerazione utilizzando 18.000 ton di biomassa dovrebbe produrre  8.000 MWhe e 32.000 mwht. Tralascio gli aspetti più tecnici che non  ritengo utili per la riflessione che cercherò di fare (allego al presente articolo la presentazione). In ambedue i casi, cioè impianto pellett e cogeneratore, si parla di Filiera Corta (70 km) nell’approvvigionamento della biomassa vegetale indicando per il cogeneratore un utilizzo di 17.000 di scarto dalla lavorazione del pellett e 1000 ton di ramaglie.
Per la filiera di approvvigionamento si parla di imprese forestali locali ” che saranno le principali responsabili delle operazioni di taglio e raccolta della biomassa”, si parla di Rete di imprese  che coinvolgerà le imprese forestali e agricole per “contribuire alla manutenzione virtuosa dei boschi” e si indica il Consorzio CO&SO(cooperative sociali) di Firenze come soggetto che dovrebbe occuparsi  “in misura importante delle operazioni di trasporto e lavorazione della biomassa legnosa”.Panorama_su_Vicchio

PUNTI CRITICI

 In tutto questo  c’è secondo me qualcosa che pone più di un interrogativo( e non è quello sulle emissioni):

1)Impianti come questi andrebbero inseriti in un piano energetico territoriale che oggi non esiste. Nel 2006 l’allora Comunità Montana con il progetto agenda 21 MuSa aveva effettuato una prima valutazione sulle opportunità per il territorio derivanti dall’uso delle biomasse e poneva proprio l’accento sul ruolo di programmazione che avrebbe dovuto svolgere comunque  l’ente locale anche in funzione delle proposte che potevano essere avanzate da privati. La sostenibilità non deve essere un concetto né astratto né elastico.

2) In queste scelte è importante il coinvolgimento dei soggetti della Filiera e anche della popolazione in fase preventiva per operare scelte condivise sia ambientalmente che economicamente.

3)Nel progetto si dichiara che le 96.000 ton di biomasse saranno tutte locali, ma in realtà si estende l’area di approvvigionamento dall’appennino pistoiese a quello aretino, sfruttando i 70km in linea d’aria che personalmente mi convincono poco. Secondo Ibionet la biomassa legnosa utilizzabile nei territori del Mugello, Valdisieve e Val di bisenzio sarebbe di 43849 ton, di cui circa 3000 utilizzate per gli impianti esistenti e altrettante per il consumo locale. In questo caso parlare di pellet mugellano è davvero fuorviante.

4)Nelle indicazioni del Paer per la localizzazione di impianti a biomasse si  parla di criteri volti a ottenere il minor consumo del territorio e di riutilizzo di aree già degradate da attività antropiche tra cui siti industriali, discariche e con un’effettiva valorizzazione del recupero di energia termica. Su questi aspetti il progetto è molto carente e sarebbero state possibili altre soluzioni più attinenti al Paer.

5)I contratti di approvvigionamento della biomassa devono essere preventivi alla realizzazione dell’impianto, ma nel progetto non c’è traccia di accordi con le numerose aziende e consorzi locali che operano nel settore e sui  prezzi a cui si intende acquistare il prodotto. E’ già successo con altri impianti che la filiera corta è saltata quando si è iniziato a parlare di costi con buona pace dei benefici economici e ambientali per il territorio.

Il Mugello/Valdisieve  già oggi produce annualmente una notevole quantità di biomasse proveniente da lavorazioni forestali, interventi di bonifica e lavorazioni agricole che  viene utilizzata in impianti in zona e soprattutto fuori zona. La  nuova programmazione comunitaria 2014-20 e le stesse indicazioni della UE potrebbero essere molto utili  per fare scelte strategiche  per il futuro energetico del territorio condivise con gli operatori del settore forestale e agricolo e con la popolazione come è avvenuto in altri territori in Italia e in Europa con vantaggi non trascurabili. Ma è importante che le proposte nascano  e si sviluppino dal territorio e anche   nel Mugello e Valdisieve abbiamo molti esempi  che per la loro efficacia sono stati più volte premiati in Italia e anche all’estero.

 

Leonardo Romagnoli

24.2.15

DOCUMENTI

Allegato 2_PAER_06-02-2015 (1)

Atto-Dirigenziale-n.2410-del-23.06.2014-Autorizz.costruz-centrale-bimasse-Petrona – Copia

Conferenza-dei-servizi-1

10-febbraio-2015-renovo-scarperia

impianti a biomasse domestici e industriali e polveri

L’accettabilità sociale

35_Prot_intesa biomasse_21.9.2012

 

2 thoughts on “Mugello : Impianti a biomasse e territorio

  1. Caro Romagnoli, veramente complimenti per il modo in cui ha argomentato le sue opinioni, non tutte condivisibili, ma certamente portate in modo sereno.
    Il suo essere ambientalista di lungo corso e non legato alla nascita di impianti – non come i famosi ambientalisti last minute – e la sua pacatezza portano finalmente il discorso sui contenuti. E’ di questo che un ragionamento sui rifiuti abbisogna.
    Senza bisogno che siano i video di Di battista a spiegarci le cose.

  2. Egregio Romagnoli, buongiorno.
    Sottoscrivo quanto da lei scritto. Potrà essere che in futuro questa tipologia di abbruciamento possa, in qualche modo, mitigare il dispendio energetico di altre risorse. Nella fattispecie, il progetto Renovo, a parte la produzione del pellet non ancora autorizzata, potrà impiegare per la gestione della centrale fino a 4 dipendenti. Molto pochi. In considerazione dei finanziamenti indiretti (Pianvallico s.p.a.) ed incentivi diretti spesi e promessi per questa operazione. Il punto critico, come più volte ho asserito, ancor prima di quelli legati alla salute dei cittadini, è la sostenibilità imprenditoriale. Come anche lei, del resto, denuncia. Il reperimento della biomassa a prezzi compatibili con le aspettative del gestore della centrale non è poca cosa. E’ un progetto superficiale, manchevole di alcuni documenti, i preventivi con gli operatori della filiera del legno e della biomassa in generale. Strano che la politica si presti a tutto ciò senza alcuna garanzia, intendo una bella fidejussione che tuteli l’interesse pubblico qualora il progetto, o anche la sola proposta, risultino fallimentari.