Il Papa a Barbiana il 20 giugno

Accogliendo l’invito del cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze,papa Francesco visiterà Barbiana e pregherà sulla tomba di don Lorenzo Milani martedì 20 giugno 2017, 50 anni dopo la morte del sacerdote.

La visita si svolgerà in forma riservata e non ufficiale e prevede un incontro del Papa con gli ex studenti di don Milani, un gruppo di sacerdoti fiorentini e alcuni ragazzi seguiti da realtà caritative, di intervento sociale, ed educativo della diocesi. Papa Francesco sarà a Barbiana nella seconda parte della mattinata del 20 giugno, dopo le ore 11, e si fermerà al cimitero, nella chiesa e nella canonica, ripartendo per Roma prima del pranzo.

“E’ un grande onore la presenza di Papa Francesco a Barbiana, in Mugello – sottolineano il presidente dell’Unione dei Comuni del Mugello Paolo Omoboni e il sindaco di Vicchio Roberto Izzo -. Una visita con un forte significato e valore simbolico, nei luoghi in cui don Milani dette vita a una straordinaria esperienza formativa ed educativa, da cui nacque un modello di scuola, da cui nacquero scritti che hanno lasciato il segno per il loro dirompente messaggio e insegnamento ed hanno scosso le coscienze di tutti – aggiungono -. ‘Il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia’: per i politici e per chi amministra la cosa pubblica – concludono – queste parole dovrebbero essere sempre una bussola”.

Pochi mesi prima di morire, in un incontro molto teso con il cardinale di Firenze Ermenegildo Florit , don Lorenzo Milani se ne uscì, ad un certo punto, con poche parole. «Sa, eminenza, quale è la differenza tra me e lei? Io sono avanti di cinquant’anni…».

Mezzo secolo dopo Papa Francesco ha pareggiato i conti, le distanze, almeno nelle intenzioni, tra la Chiesa e il priore di Barbiana. Lo ha fatto domenica con un lungo videomessaggio trasmesso a Milano in occasione della presentazione dell’opera omnia di don Milani per i Meridiani Mondadori. E ieri, annunciando la visita a Barbiana il 20 giugno prossimo, sei giorni prima della ricorrenza della morte, avvenuta il 26 giugno del 1967, a soli 44 anni di età. È lo stesso pontefice a riconoscere che don Milani «ha indubbiamente praticato percorsi originali, talvolta, forse troppo avanzati e quindi difficili da comprendere e da accogliere nell’immediato».

Don Milani e il pareggio dei conti(giustizia, non politica)

di Mario Lancisi

 da il Corriere fiorentino

Barbiana diventa così il cuore della Chiesa di Papa Francesco. La dicotomia sociale ed ecclesiale di Bergoglio tra periferie e palazzi trova in Milani non un prete da riabilitare ma «un credente innamorato della Chiesa, anche se ferito, e un educatore appassionato». Un esempio, un faro, insomma. Come ha riconosciuto il cardinale Giuseppe Betori, che ha indicato alla Chiesa fiorentina il dovere di «riprendere le istanze di fondo di Esperienze pastorali e ripensarle nelle condizioni di oggi». Quelle Esperienze pastorali che quando uscirono, nella primavera del 1958, furono condannate dal Sant’Uffizio. Condanna rimossa nel 2014 da papa Francesco su sollecitazione del cardinale Betori. Che si è battuto in questi anni per la riabilitazione del priore di Barbiana con un taglio autocritico forse persino più incisivo del messaggio papale. Betori ha infatti definito «improvvido» l’agire del suo predecessore Florit riguardo alla condanna di Esperienze pastorali, frutto anche dell’avversione nei confronti di don Milani da parte di «ambienti romani, probabilmente più politici che ecclesiali». Chiaro riferimento ad ambienti vaticani e democristiani ostili ai fermenti del cattolicesimo fiorentino che in quegli anni si riconoscevano nel sindaco Giorgio La Pira.

La riabilitazione da parte di Papa Francesco, che fa seguito al convegno della Chiesa italiana, tenutosi a Firenze nel novembre del 2015, sottolinea in don Milani non solo il suo essere «un prete cristiano», innamorato di Gesù e del Vangelo, ma anche il suo ruolo civile di grande educatore. Già nel maggio del 2014 Papa Francesco , parlando al mondo della scuola, aveva reso omaggio «ad un grande educatore italiano che era un prete: don Lorenzo Milani». Un educatore, ha aggiunto nel videomessaggio il pontefice, citando Lettera a una professoressa, uscita nel maggio del 1967, «con una visione della scuola che mi sembra risponda alla esigenza del cuore e dell’intelligenza dei nostri ragazzi e dei giovani». Il don Milani secondo Papa Francesco si conclude con la lettera che scrisse nel 1950 a Pipetta, un giovane operaio comunista. Quasi un apologo. Sul potere e la politica. Scrive don Milani a Pipetta: «Il giorno che avremo sfondato insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene Pipetta, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso. Quando tu non avrai più fame né sete, ricordatene Pipetta, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno finalmente potrò cantare l’unico grido di vittoria degno d’un sacerdote di Cristo: «Beati i poveri perché il regno dei cieli è loro». Don Milani afferma l’irriducibilità del cristiano a qualsiasi logica di potere. Non si schiera politicamente, ma si fa compagno di strada di chi si batte per la giustizia sociale. Compagno quindi anche del comunista Pipetta. Fino però alla soglia del palazzo del potere. Quella soglia il prete e il cristiano non devono oltrepassare. Il programma politico della Chiesa, secondo don Milani, è racchiuso nel vangelo e nel magnificat: “Beati i poveri…”». Citando la lettera a Pipetta, Bergoglio ribadisce la sua linea di distanza da qualsiasi istanza politica e partitica. La sua è la Chiesa delle periferie, non dei palazzi, indipendentemente da chi li abiti di volta in volta, se Berlusconi o Renzi o forse domani Grillo, poco importa.

Papa Francesco salirà dunque a Barbiana. Con due rischi sottesi a questa visita inedita e imprevista. Quello che la sua istanza religiosa di una Chiesa che non si mescola con la politica non sia in realtà condiviso da parte consistente del mondo cattolico. L’altro rischio è quello di trasformare il ribelle don Milani in un santino. «Don Lorenzo deve essere lasciato camminare per le strade, insieme alla schiera immensa di altri santi che non sono e non saranno mai sull’altare», ha detto Michele Gesualdi, uno dei suo allievi più cari. Vissuto, come ha scritto Mario Luzi, «nel fuoco delle controversie», don Lorenzo Milani resta in realtà irriducibile a qualsiasi tentativo di annessione o strumentalizzazione che non faccia i conti con la sua lezione.

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