Il Mugello e l’ulivo. Quale futuro?

Il Mugello e l’ulivo. Quale futuro?

Il Rotarolio 16 edizione ha significato un cambio di indirizzo notevole rispetto al passato quando il concorso era riservato a produttori soci del Rotary con aziende nel territorio della provincia di Firenze. Questa volta la manifestazione è stata dedicata ai produttori di olio del Mugello, dalle aziende più strutturate fino ai possessori di piccoli appezzamenti dediti ad una produzione familiare.

 

Non è la prima volta che questo avviene. Per esempio in occasione di varie edizioni della Mostra mercato del Tartufo del Mugello, dalla fine anni 90, sono state organizzate degustazioni di oli del territorio in collaborazione con Slow Food.

Durante la serata alcuni interventi hanno sottolineato la necessità della realizzazione di un frantoio in Mugello e della promozione di un’associazione dei produttori. Proposte che arrivano con oltre 15 anni di ritardo perchè , chi scrive questa nota, in qualità di assessore all’agricoltura a Borgo San Lorenzo tentò all’inizio degli anni 2000 di promuovere l’associazione degli olivicoltori del Mugello partendo dalla constatazione che la coltivazione di questa pianta era l’unica che risultava in aumento dai dati Istat e si connotava per un eccellente livello qualitativo.

In una relazione del 2004 scrivevo : “Nel Mugello è cresciuta per esempio negli ultimi anni la coltivazione dell’olivo( dato rilevato anche dal censimento) con un trend che è costantemente in aumento e con un prodotto di eccellente livello qualitativo. Per dare ulteriore slancio si rende necessario caratterizzare il prodotto con un marchio e un’associazione di prodotto come già avvenuto per altri settori e si potrebbero aprire interessanti prospettive commerciali legate in particolare alla ristorazione e al turismo. Si tratta, inoltre , di una coltivazione che nella nostra zona non richiede trattamenti chimici (esente per esempio dalla mosca) e quindi può dirsi biologica “ naturalmente” oltre ad avere un alto valore dal punto di vista della caratterizzazione del paesaggio delle nostre di zona di alta collina.”

E qualche anno dopo , visto che l’associazione non decollava, proponevo di affidare al neonato Consorzio “InMugello”, la gestione di un frantoio a livello mugellano.

“E’ giunto il momento di pensare a come realizzare anche in Mugello delle strutture di trasformazione che riescano ad esaltare le caratteristiche della nostra produzione diminuendo sensibilmente i tempi tra raccolta e lavorazione che sono determinanti per ottenere degli ottimi risultati. La Comunità Montana ha dato la disponibilità ad affrontare l’argomento, spetterebbe forse al neonato Consorzio “inMugello” farsi promotore di un’iniziativa che raccolga i produttori e le istituzioni per valutare la strada migliore da percorrere per raggiungere in tempi ragionevoli questo obiettivo.”

Come tutti sanno il frantoio non è nato ma in compenso è morto il Consorzio a dimostrazione delle difficoltà di attuare processi aggregativi e reti di imprese nel nostro territorio che pur vanta esperienze positive come Caf, Associazione produttori lattiero caseari,Vicas o Olcas.

Per non parlare di quello che sta nascendo nel settore biologico, con il Mugello che può già ora vantare un 30% di Sau con coltivazioni biologiche, con progetti integrati di Filiera e il marchio BioMugello.

Oggi ha ancora senso pensare ad un frantoio in Mugello? L’Unione è in grado di fare un investimento di questo tipo? Chi lo dovrebbe gestire?

 

Rispetto a qualche anno fa ci sono anche nuove iniziative private come il frantoio La Corte a Dicomano e altre strutture si trovano nelle vicinanze del Mugello ( 2 a Calenzano, Londa, Molin del Piano, Carbonile – Olcas, 2 Acone, Trespiano).

Nel corso del convegno in occasione del Rotarolio è mancato totalmente un riferimento alla situazione attuale della coltivazione dell’olivo in Mugello nonostante questo fosse l’argomento dell’incontro. Infatti secondo i dati dell’ultimo censimento anche l’ulivo ha fatto passi indietro (eccetto il comune di Barberino), in alcuni casi anche abbastanza significativi. Senza contare che un sostanzioso apporto di aree coltivate  è dovuto al comune di Dicomano con la superficie più ampia di oliveti del Mugello, per non parlare di Vaglia che ha una gran parte del proprio territorio con la presenza di olivi che geograficamente scende verso le Caldine e Monte Morello . Compresi questi due comuni la superficie coltivata ad olivi è comunque di circa 620 ettari (meno della metà del solo comune di Pontassieve) a cui si potranno aggiungere superfici che hanno una gestione puramente hobbistica.

Come ha giustamente sottolineato nella sua interessante relazione la dott.sa Nizzi Griffi del consorzio Chianti Dop, in questo settore siamo rimasti indietro nell’innovazione. Nel 1954 in Toscana c’erano 256.000 ettari coltivati con 26 milioni di piante , nel 2010 si sono ridotti a 90.000 con 15 milioni di piante con costi alti e rese molto basse( sotto il kg a pianta). In compenso grazie alla qualità negli ultimi anni, ad esempio in Chianti, si è passati dai 6,5/7,5 euro kg del 2014 ai 14 euro di quest’anno ai produttori . In Mugello l’olivo , ha detto la dottoressa, viene coltivato al limite delle sue condizioni climatiche per cui la qualità è altissima. Non bisogna però dimenticarsi dei cambiamenti climatici che nel corso degli ultimi anni hanno fatto comparire la mosca anche dove non era mai stata registrata. Le università toscane e il laboratorio della Camera di Commercio di Firenze (incredibilmente smantellato) hanno svolto in questi anni un importante lavoro di ricerca a supporto delle aziende che ha trovato un valido sostegno nella programmazione 2007-13 del Gal Start che ha finanziato ben 19 progetti di cooperazione tra aziende agricole e università ,di cui cinque sulla produzione dell’olio e il riutilizzo degli scarti di lavorazione, che hanno riscosso interesse anche della commissione europea ( Il Gal start  da solo ha finanziato nella passata programmazione il 28% di tutti i progetti innovativi mis.124 della Toscana).

 

In Mugello non si devono però  seguire “le mode”, ha detto la Nizzi Griffi, ma inserire nella coltivazione novità tecnologiche che permettano di aumentare il numero di piante per ettaro e di attuare metodi di raccolta più economici e più rispettosi del frutto.

Il Mugello deve far crescere la produzione di olio di qualità e in questo senso saranno di aiuto anche alcuni Pif approvati dalla regione toscana nel 2016 come quello che ha per capofila la cantina Vicas di Pontassieve dove tra i soggetti partecipanti un ruolo di primaria importanza occupa la Società Agricola Trivium di San Piero (trebbio) con un contributo di 548.000 euro a fronte di un investimento superiore a 1.200.000 euro.

Pensare infine ad una più stretta collaborazione tra produttori del Mugello e della Valdisieve ( al di là delle divisioni amministrative) potrebbe essere determinante per una crescita qualitativa e quantitativa di questo settore che potrebbe avere  prospettive interessanti per il nostro territorio.

 

Leonardo Romagnoli

 

21.1.18

 

I commenti sono chiusi.