I numeri veri dell’immigrazione e quello che non vogliamo vedere

Se sull’immigrazione diamo i numeri, ecco quelli veri

di Ignazio Masulli

Facile demagogia. Non è assolutamente vero che ci troviamo di fronte ad una grande ondata migratoria che rischierebbe di “sommergerci”. Dal 1990 al 2017 lo stock d’immigrati nati all’estero e censiti nei 27 paesi che fanno parte dell’Unione europea, più la Gran Bretagna, è cresciuto di 25,2 milioni. Ma di questi solo il 35% proviene da paesi del Sud del mondo. Ciò significa che gli africani, asiatici e latino-americani, di cui si cerca di popolare i nostri “incubi”, sono stati 8,8 milioni in 27 anni: una media di 327mila all’anno. Quando i migranti lavorano, i contributi al fisco eccedono del 60% tutto ciò che lo stato spende per il welfare. Nel 2016 hanno concorso all’aumento del 9% del Pil

Un momento della prima identificazione di un migrante nel porto di Salerno 

Dalla Brexit all’elezione di Trump, dall’ ondata nazionalista e xenofoba montante in un numero crescente di paesi dell’Unione europea fino al lacerante dibattito attuale al suo interno (testimoniato dalla conclusione del vertice), il punto di leva è una spregiudicata strumentalizzazione del fenomeno migratorio. Anziché preoccuparsi di curare le vere cause della perdurante stagnazione economica, delle crescenti diseguaglianze sociali, della crisi di legittimazione politica. Conservatori e sedicenti progressisti hanno pensato di lucrare sulla facile demagogia di attribuirne le cause ad una migrazione presentata come massiccia e squilibrante. Si tratta di una grossolana mistificazione, basta analizzare i numeri, ma quelli giusti.

Intanto, non è assolutamente vero che ci troviamo di fronte ad una grande ondata migratoria che rischierebbe di “sommergerci”. Dal 1990 al 2017 lo stock d’immigrati nati all’estero e censiti nei 27 paesi che fanno parte dell’Unione europea, più la Gran Bretagna, è cresciuto di 25,2 milioni. Ma di questi solo il 35% proviene da paesi del Sud del mondo. Ciò significa che gli africani, asiatici e latino-americani, di cui si cerca di popolare i nostri “incubi”, sono stati 8,8 milioni in 27 anni: una media di 327mila all’anno.

Non tolgono lavoro a nessuno. Chiunque confronti gli indici della disoccupazione con quelli dell’immigrazione negli Usa e nei maggiori paesi europei vedrà che non c’è alcun rapporto tra i due andamenti. Disoccupazione e precarietà del lavoro dipendono dalle strategie di massimizzazione dei profitti fatte dai gruppi economici dominanti (delocalizzazione produttiva, automazione spinta, finanziarizzazione del capitale).

I costi? Sono quelli voluti dai governi che detengono gli immigrati e li sottopongono a lunghe procedure per stabilire se hanno diritto a chiedere asilo o devono essere rispediti nei paesi di provenienza. Se e quando si permette loro di lavorare legalmente, i contributi che versano al fisco eccedono del 60% tutto ciò che lo Stato spende per loro in materia di edilizia convenzionata, sanità, pensione, istruzione e quant’altro.

Si veda, ad esempio, il bilancio italiano del 2016; ma ciò vale anche per gli altri paesi meta. Sempre nell’Italia del 2016, gli immigrati nati all’estero hanno concorso ad un aumento del Pil del 9% e altrove in misura anche maggiore.

L’apporto demografico degli immigrati è essenziale. Se consideriamo la popolazione dei 27 paesi dell’Ue, un cittadino troppo giovane o troppo anziano per lavorare, dipende da 1,8 persone in età lavorativa, che si ridurranno a 1,5 entro 12 anni. Il che prospetta una situazione insostenibile a detta della stessa Commissione europea.

Per quanto riguarda le spese sociali, il mantenimento degli attuali standard di welfare dei cittadini dell’Unione richiederebbe una base contributiva garantita da un aumento della popolazione europea di 42 milioni di persone in 5 anni. Cosa concepibile solo attraverso l’accoglienza e regolarizzazione di un numero di migranti molto maggiore di quelli che bussano attualmente alle nostre porte.

Purtroppo la mistificazione ha fatto strada. Sicché nel giro di pochi anni abbiamo assistito ad un crescendo di proposte ingannevoli e irresponsabili.

Prima governi e istituzioni dell’Ue sono andati alla cerca di guardiani capaci di sbarrare la strada ai migranti. Così è avvenuto con il finanziamento alla Turchia per chiudere la rotta balcanica. Più difficile è stato trovare un gendarme altrettanto agguerrito in Libia per bloccare le traversate del Canale di Sicilia. La situazione caotica determinatasi in quel paese ha incoraggiato politiche di respingimento ancor più spregiudicate ed aggressive. Si vedano gli accordi dell’ex ministro Minniti con la guardia costiera libica, con gruppi militari attivi nelle zone interne, nonché con governi di paesi di transito dei profughi. Anche questa escalation si è valsa del consenso di altri paesi dell’Ue e delle sue istituzioni centrali.

Ora, di fronte ai crescenti contenziosi e competizioni all’interno dell’Unione, sembra prender forma un ulteriore allargamento del raggio d’azione, fino a stabilire hot spot ai confini dei paesi di provenienza dei migranti. Il che equivale a bloccare ogni tentativo d’emigrazione sul nascere. Per non dire della guerra a chi salva i naufraghi.

E’ evidente che questa escalation non fa che calpestare in maniera sempre più aggressiva ogni diritto e confine di legalità stabilito da precise norme e trattati. Ed è altrettanto chiaro che una degenerazione morale e politica di questo genere si riflette inevitabilmente nelle situazioni interne dei paesi e aggrava la crisi di legittimazione della stessa Ue.

Migranti, ora siamo nelle mani della Libia (e questa è l’immagine della nostra viltà)

www.linkiesta.it

La vera notizia di ieri? Non le inutili dichiarazioni del Consiglio Europeo, ma l’istituzione di una zona di ricerca e salvataggio libica. Abbiamo appaltato a Tripoli il presidio dei nostri confini meridionali, così come ad Erdogan quelli orientali. Un patto scellerato, che ci deve far vergognare

30.6.18

Guardatelo bene, quel gommone con cento morti, di cui tre bambini, naufragato a sei chilometri dalle coste libiche, a est di Tripoli. Guardatelo bene, quel bambino portato a riva esanime. Guardatelo bene, perché da domani non ne vedrete più. Attenzione, non vuol dire che non esisteranno più, che la gente smetterà di partire e di naufragare. Semplicemente, non sapremo più nulla di quel che succede a largo delle coste libiche – in un tratto di mare lungo 90 km circa, per la precisione – visto che Tripoli, proprio ieri, ha definito la propria area di ricerca e soccorso riconosciuta dall’organizzazione marittima internazionale.

Non è una notizia da poco. Anzi, a ben vedere è la vera notizia di ieri, molto più delle inutili conclusioni dell’inutile Consiglio Europeo sulla gestione dei richiedenti asilo in Europa. È la vera notizia perché da ieri la Libia ha deciso che di chi parte dalle sue coste se ne occupa esclusivamente lei, o quasi. Un po’ come accade con Erdogan a est. E l’Europa, dall’alto della sua civiltà, ha deciso che va bene così. La stragrande maggioranza dei naufragi e dei soccorsi ai gommoni che partono dalle coste libiche avviene infatti entro i primi trenta chilometri di mare e fino a ieri le barche delle organizzazioni non governative, così come qualunque altra nave che interveniva in soccorso, portava i superstiti nei primi porti più sicuri, ossia quelli italiani.

Da domani, quel che avviene nelle acque libiche resta in Libia, quindi. Soprattutto, ogni operazione di soccorso che avverrà in quel tratto di mare sarà necessariamente coordinata dal centro di coordinamento dei soccorsi libico, anch’esso istituito ieri. Quel che succederà, è abbastanza chiaro: le navi delle organizzazioni non governative, così come qualunque altra imbarcazione non potrà più spingersi fino a ridosso delle coste libiche per soccorrere migranti alla deriva, per poi portarli in Italia. Di fatto, ogni operazione – di solito i gommoni non si spingono più in là dei 30 km dalla costa – sarà di esclusiva competenza della guardia costiera libica, che potrà decidere di intervenire o meno, senza che nessuno possa controllare né eccepire alcunché.

Perché sì, probabilmente gli sbarchi diminuiranno ancora. Ma le partenze continueranno, i naufragi pure, le morti nel Mediterraneo anche. Così come del resto, le condizioni inumane che toccano a chi finisce nei centri di detenzione libici, luoghi di tortura sistematica ampiamente documentata – “La Libia non è un approdo sicuro quale delineato dal diritto internazionale”, si legge in una sentenza del tribunale del riesame di Ragusa – nei quali il core business si chiama tratta degli schiavi. Continuerà tutto come prima, come è funzionato sino a oggi, perché le carovane di migranti sono una delle principali fonti di reddito certo per le fazioni in lotta per il controllo della Libia. Passatori e trafficantiscafisti e guardacoste, carcerieri e schiavisti sono professioni che s’intrecciano l’una nell’altra, e rendono bene. E i migranti sono una risorsa abbondante, che affluisce copiosa dal deserto. Un rubinetto di denaro che in Libia nessuno vuole chiudere.

Quel che cambierà sarà il silenzio, e basta. Cadrà il silenzio su quel che accade nei 90 chilometri di mare al largo delle coste libiche, dove già oggi riposano 34mila morti identificati e molti altri senza nome. Cadrà il silenzio sulle carceri libichesulle torture e sullo schiavismo. Cadrà il silenzio sulle connivenze tra la guardia costiera libica e i trafficanti di vite umane. Cadrà il silenzio sui ricatti libici, che ciclicamente apriranno le maglie della loro rete per farci spaventare e costringerci a dar loro un po’ di denaro in più. Cadrà il silenzio sul fatto che abbiamo appaltato i nostri confini meridionali a un non Stato dilaniato da una guerra civile figlia di uno scellerato intervento militare occidentale. Cadrà il silenzio sulla fine del diritto d’asilo in Europa per persone che, solo per il fatto di essere passate dalla Libia di oggi, probabilmente meriterebbero. Probabilmente, in quel silenzio, Matteo Salvini farà il pieno di voti, raccontando la fine degli sbarchi come figlia di una nuova fase muscolare della politica italiana contro l’Europa e contro improbabili complotti pluto-giudaico-massonici assortiti. Probabilmente, le nostre coscienze impaurite dormiranno sonni tranquilli e sereni, al pensiero che la pacchia sia finita. Così fosse, vi conviene pregare che nessuno le svegli mai.

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