Costruttori di ponti e costruttori di mura

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Costruttori di ponti e costruttori di mura
Recentemente sulla stampa sono stati pubblicati alcuni articoli contenenti dati demografici che dovrebbero farci guardare ai fenonomeni migratori con altri occhi e soprattutto senza inutili paure che la peggiore politica alimenta ad arte e che la buona politica non riesce a governare. Si tratta di dati che spiegano da soli la inevitabilità di molti spostamenti e la necessità dell’accoglienza.
I cambiamenti climatici e le dinamiche demografiche porteranno la quota di popolazione mondiale che non avrà accesso all’acqua potabile dal 13 al 38% e i malnutriti passeranno dal 16 al 31%. Mentre nei prossimi venti anni non cambierà la distribuzione della ricchezza e addirittura cresceranno i salari bassissimi e aumenterà la quota di popolazione che non avrà un’abitazione di proprietà.
Solo nel nostro paese, per restare ad un dato non di previsione ma accertato, la popolazione sotto i 30 anni che nel 1996 era il 38% , dopo 20 anni , ovvero nel 2016, è scesa al 30% con una perdita di oltre 686.000 residenti che dovrebbero rappresentare il futuro della nazione.
“L’invecchiamento e la mancanza di ricambio nel mondo del lavoro avrà conseguenze severe; mentre oggi per ogni anziano ci sono 7 persone al lavoro, nel 2030 il rapporto scenderà a 4,9 occupati per anziano, tra poco più di 30 anni il 48% della popolazione in età di pensionamento potrebbe non ricevere alcun trattamento economico post-occupazione e uno su quattro tra gli ultra sessantacinquenni che lasceranno il lavoro lo farà senza percepire l’assegno completo(…)Il nostro paese assieme Giappone, Spagna, Corea e Portogallo è quello che nel 2050 avrà la maggior percentuale di ultra sessantacinquenni e l’invecchiamento della popolazione minaccia il nostro sistema pensionistico”(f.Bugo) Già oggi circa l’8% delle pensioni viene pagato da contributi versati da lavoratori stranieri nel nostro paese, che spesso non usufruiscono di trattamento pensionistico perchè se ne vanno prima di maturare il diritto,  e se i “paesi ricchi” decidessero di chiudere le proprie frontiere la quota di popolazione diminuirebbe nei prossimi 20 anni di 4,5 milioni per anno, ovvero 89 milioni mentre la popolazione dei “paesi poveri” crescerebbe di 42 milioni all’anno nella fascia di età 20-64 anni (quasi 850 milioni). All’inizio del 2015 nella sola Africa sub-sahariana vivevano 962 milioni di persone e il 63% aveva meno di 20 anni con un aumento esponenziale rispetto al 1950 quando la popolazione di queste terre era appena di 180 milioni.
“Nei prossimi 20 anni per mantenere costante la popolazione in età lavorativa (20-64), ogni anno dovranno entrare in Italia – a saldo- 325.000 potenziali lavoratori, un numero vicino a quelli effettivamente entrati nel ventennio precedente. Altrimenti, nel giro di appena 20 anni i potenziali lavoratori caleranno da 36 a 29 milioni a mano a mano che i baby boomers, nati negli anni 1955-1975, andranno in pensione, diminuiranno anche i giovani con meno di 20 anni ( da 11,2 a 9,7 milioni), mentre gli anziani con più di 65 anni sono destinati ad aumentare in modo inarrestabile passando da 13,3 a 17,8 milioni ( e ancora di più se riusciremo a combattere con maggiore efficacia alcune malattie)”(Allievi- Dalla Zuanna)
Favorire l’accoglienza è quindi necessario se non si vuol mettere in crisi il sistema pensionistico, ma secondo studi del Fondo Monetario i flussi migratori verso i paesi ricchi possono produrre un contributo unico allo sviluppo dei loro paesi di provenienza in due modi: 1)le rimesse degli emigrati che l’anno scorso sono state di 430 miliardi di dollari, ovvero tre volte quello che gli stessi paesi ricevono come aiuti allo sviluppo e assistenza finanziaria; 2) le rimesse sono investite in piccoli business e anche per sostenere costi di istruzione e assistenza sanitaria migliorando il benessere delle popolazioni locali . “I due canali fanno sì che – secondo il FMI – il Pil migliori dello 0,5% nell’Asia emergente, dello 0,55% nell’Asia centrale e in Medio oriente, dello 0,6% in america latina, di quasi l’1% nell ‘africa sub- sahariana, di oltre l’1,3% nell’Europa emergente”(D.Taino)

Come hanno scritto Allievi e Dalla Zuanna la questione dell’immigrazione e dei profughi “non è più , se mai lo è stata, una questione emergenziale: è un dato strutturale del mondo globale e va affrontato come tale , con strategie e non con parole d’ordine, con politiche – che come tutte le politiche hanno un costo- non con slogan, con pragmatismo, non con precomprensioni ideologiche”. Sulle risorse da impiegare nell’accoglienza si scrivono, purtroppo, molte parzialità alimentate anche dall’approssimazione con cui viene affrontato il problema e alla disinformazione galoppante sui social. Per esempio i famosi 35 euro al giorno che vanno alle strutture di accoglienza, e peraltro provengono dall’Europa, non vengono tolti a nessun altro, tanto meno ai cittadini italiani, perchè appartengono a un fondo specifico spendibile solo in questo modo, sono quindi soldi in più che entrano in circolazione e implementano l’economia e l’occupazione locale.
Quello di cui abbiamo bisogno non sono isterismi e atteggiamenti xenofobi ma capacità di analizzare e conoscere la dinamica delle migrazioni e delle tendenze demografiche per allocare in modi intelligenti le  risorse necessarie  per un’accoglienza che non è solo un dovere umanitario ma anche un pezzo del nostro futuro.

Lr
25.5.16

 

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