Chioschi: il comune di Borgo deve evitare il ricorso al consiglio di stato

Chioschi: il comune deve evitare il ricorso al consiglio di stato

Il comune di Borgo san lorenzo avrebbe deciso ricorrere al Consiglio di Stato  contro le due sentenze del Tar che hanno dato torto all’amministrazione comunale in merito all’ordinanza di demolizione dei famosi “chioschi”.
E’ una decisione  che mi lascia molto perplesso per vari motivi che ho avuto modo di puntualizzare anche in occasione dei commenti sulle due sentenze e sul proscioglimento degli amministratori nell’ ambito della famosa inchiesta della procura fiorentina (QUI e QUI).

I vari pronunciamenti hanno dimostrato che la vicenda era sbagliata fin dal principio e che si è montata una vicenda giudiziaria su aspetti che avrebbero potuto trovare una normale soluzione in un accordo tra amministrazione e titolari dei chioschi. Il rilievo assunto da una vicenda tutto sommato marginale era anche dovuto al fatto che tra i consiglieri indagati figurava anche l’allora sindaco Bettarini diventato successivamente assessore a Firenze (QUI).
Perchè non ha senso il ricorso al Consiglio di Stato ed è solo uno spreco di denaro pubblico?

Perchè le due sentenze del Tar indicano chiaramente la strada da percorrere.
Per i giudici si potevano  utilizzare “ strumenti di carattere consensuale” per conciliare interesse pubblico e aspettative del privato il cui intervento è stato comunque autorizzato anche se in modo non completo. e giudicano che  l’esercizio del potere sanzionatorio unilaterale costituisce una extrema ratio a cui ricorrere solo nel caso in cui non sia stato possibile realizzare per le vie sopra indicate un equo contemperamento dei reciproci interessi “.
Perchè il Consiglio di Stato dovrebbe comportarsi diversamente? Solo perchè in alcune parti della sentenza si riconosce che la Dia e il permesso di occupazione di

suolo pubblico non potevano sostituire il “permesso a costruire”? Un po’ pochino anche perchè esiste la possibilità della sanatoria
“Invero- scrivono i giudici in una delle due sentenze –  alla luce della relazione tecnica che illustrava il progetto sottoposto al vaglio dell’amministrazione appariva chiaro che il provvedimento richiesto consisteva in una sanatoria di opere già realizzate e non nel programma di una costruzione futura. Era, quindi, rispetto alla istanza di regolarizzazione che l’Amministrazione avrebbe dovuto prendere posizione senza limitarsi a respingerla solo in ragione del fatto che il modulo utilizzato fosse quello relativo al permesso di costruire. Né poteva valere a giustificare il diniego il fatto che le costruzioni realizzate senza titolo eccederebbero lo spazio consentito dal piano del commercio in quanto la occupazione di quello spazio era stata autorizzata”

Ma i giudici ricordavano anche che le strutture erano state realizzate seguendo una prassi amministrativa e che anche durante i controlli dei vigili nessuno aveva mai contestato il loro carattere abusivo.”Il repentino mutamento di indirizzo da parte del Comune costituisce, pertanto, un comportamento che incide su un legittimo affidamento (indotto dalla precedente prassi) in forza del quale i privati avevano compiuto investimenti di risorse economiche ed umane intraprendendo attività e rinunciando ad altre opportunità.La tutela del legittimo affidamento trova un espresso riconoscimento da parte della giurisprudenza che ne fa applicazione, in quanto principio generale, anche al di là delle specifiche ipotesi normative in cui lo stesso trova attuazione.” scrivevano nella sentenza. In più si tratta di attività condotte con grandi sacrifici dai titolari.
Oltre a questo c’è il proscioglimento da parte del Gip, nell’ambito dell’indagine della magistratura, di amministrazione, consiglieri comunali e di quasi tutti i tecnici( è rimasta aperta una posizione che ritengo finirà pure quella nel nulla) che avrebbero operato in buona fede nell’approvare gli atti di indirizzo di loro competenza.
Le due sentenze sono già costate al comune 7000 euro di spese legali a favore dei ricorrenti, più le spese legali proprie e quelle degli amministratori prosciolti a cui ora si aggiungerebbero le salatissime spese per il ricorso al Consiglio di Stato che rischia di alimentare un contenzioso con alcuni cittadini di cui nessuno sente il bisogno e che potrà solo avere ulteriori strascichi legali. Cosa succederà in caso di eventuale vittoria o sconfitta dell’amministrazione? Ulteriori ricorsi, richiesta di danni? A chi?per che cosa? Una vera pacchia per gli avvocati. Forse l’errore è stato fatto al momento dell’emissione dell’ordinanza , redatta sulla base delle indicazione di un’indagine che ha dimostrato di avere molti punti deboli, invece di percorrere la strada della conciliazione tra legittimi interessi e la contestazione di eventuali abusi commesi in fase di attuazione e rilevati da puntuali controlli amministrativi.

Leonardo Romagnoli

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