Attenti al lupo!

Attenti al lupo!

Secondo l’antropologa statunitense Pat Shipman l ‘Homo Sapiens ha contribuito all’estinzione dei Neanderthal grazie all’aiuto di lupi addestrati. Un’alleanza la cui evidenza risalirebbe a 30-40 mila anni fa e che vedeva questi “amici” addestrati a trovare e isolare le prede. Questo ha fatto di noi umani dei superpredatori che hanno accelerato le condizioni di difficoltà di una popolazione ormai indebolità come i Neanderthal.
“Con i Neanderthal, comunque, scomparvero anche altri predatori non umani dell’epoca, assieme ad altri grandi erbivori, in quella che viene definita come una “cascata trofica” del sistema ecologico, era l’inizio di quella che ora è definita la “sesta estinzione globale” totalmente a nostro carico”(C. Tuniz).

Da allora “i nostri amici” sono diventati sempre più cani e meno lupi e , a parte la parentesi francescana, i lupi sono diventati prima un concorrente nella lotta per la sopravvivenza e poi per lo sviluppo dell’attività zootecnica.

Anche in Mugello negli ultimi anni si sono succeduti episodi di attacchi a greggi e capi di bestiame con danni per le attività agricole. Recentemente anche l’Unione dei Comuni , dopo un incontro con gli allevatori locali, ha chiesto l’approvazione del piano nazionale sul lupo che è in discussione ormai da quasi un anno appoggiando la posizione della regione Toscana.


“Sono oltre 1.500 gli attacchi denunciati dagli allevatori solo nell’ultimo triennio. Si tratta di numeri da capogiro, che purtroppo non riescono ad esprimere la frustrazione dei molti che hanno persino smesso di segnalare le predazioni subite, ma che danno però l’idea della gravità del problema che stiamo vivendo. La Regione ha cercato di fronteggiare questa situazione investendo somme ingenti in opere di prevenzione (come ad esempio recinzioni e cani da guardia), supportando gli allevatori danneggiati mediante il rimborso dei danni subiti, provvedendo a finanziare piani di cattura dei cani vaganti nelle aree critiche e persino alla cattura di alcuni esemplari di ibridi, con un impegno complessivo negli ultimi 3 anni di oltre 3 milioni di euro”. Sono le parole dell’assessore all’agricoltura Remaschi che ha richiesto “ di mettere in atto quanto indicato nel documento applicando le previsioni delle direttive comunitarie e dalla normativa vigente e che sia necessario utilizzare tutte le possibilità offerte dalla direttiva Habitat, così come avviene nelle altre nazioni europee che si trovano ad affrontare questo fenomeno, compresa la deroga al prelievo.” Insomma la Toscana vuole abbattere i lupi : “Il numero richiesto è pari al 5% della popolazione dei lupi in Toscana. Il prelievo deve indirizzarsi su quei soggetti che focalizzano la loro attività predatoria su greggi di ovini e bovini.”
Ed è proprio sugli abbattimenti che il Piano si è fermato. Anche perchè il suo scopo è un altro.

Il presente Piano ha lo scopo principale di guidare la conservazione e gestione del lupo in Italia attraverso il coordinamento delle azioni da intraprendere ai diversi livelli istituzionali (comunitario, nazionale, regionale) per assicurare la persistenza del lupo e minimizzare i conflitti con le attività antropiche. Principio fondamentale che sta alla base del presente piano di azione è la necessità di un approccio integrato che affronti in modo organico le differenti tematiche della conservazione del lupo. Nessuna azione può quindi risultare efficace se non inserita in un programma organico di interventi mirato a raccogliere le informazioni necessarie a migliorare nel tempo la comprensione dell’ecologia del lupo, a promuovere il coinvolgimento di tutte le componenti sociali nella conservazione di questo predatore, ad attenuare le più gravi minacce attualmente presenti, a rendere coerenti ed organiche le politiche locali di intervento. “
Ed esiste anche un problema di conoscenza della situazione in cui si sommano situazione diverse come quelle dovute agli ibridi e ai cani vaganti o randagi ai quali sono imputabili una buona parte degli attacchi ad animali da allevamento.


Prima di tutto va detto che il lupo non è stato reintrodotto dall’uomo , come invece è avvenuto con il capriolo e, in modo dissennato, con il cinghiale, ma si è riprodotto nell’appennino centrale dove è sempre stato presente e poi si è spostato seguendo la selvaggina e tornando così a colonizzare anche zone come il Mugello. I lupi che sono stati catturati e dotati di radiocollare hanno evidenziato spostamenti di migliaia di chilometri(dall’appennino centrale fino alla Francia) ed anche vicino alle città. Secondo i dati riportati in Origami, settimanale della Stampa, dedicato al lupo in Toscana ci sarebbero 110 branchi o coppie riproduttive e almeno 530 esemplari, se anche venisse approvato un prelievo del 5% la situazione non cambierebbe di molto ma potrebbe andare ad incidere in quelle che vengono definite le “situazioni di conflitto” più forti. In ogni caso per attuare la deroga secondo il piano nazionale è necessaria la conoscenza di alcuni dati e il rispetto di alcune norme:

  1. la dimensione della popolazione sia conosciuta a scala regionale o interregionale;

  2. la popolazione sia in Stato di Conservazione Soddisfacente, e il prelievo non comporta rischi di influenzare negativamente tale Stato di Conservazione Soddisfacente; oppure, il prelievo non
    pregiudica il percorso della popolazione verso uno Stato di Conservazione Soddisfacente;

  3. siano stati messi in opera gli strumenti di prevenzione più adatti alle condizioni locali (cani da guardia, recinzioni, pastori, ricoveri notturni, ecc.);

  4. non esista altra soluzione valida per mitigare gli specifici conflitti sociali ed economici rilevati (e.g. compensazione, indennizzi, ecc.);

  5. siano forniti i dati sui danni a livello comunale e regionale ;

  6. siano forniti dati sulla presenza di cani randagi e vaganti e, ove il fenomeno è presente, informazioni sulle misure poste in essere per il suo controllo;

  7. siano fornite informazioni sullo stato di attuazione delle azioni di competenza previste dal Piano.

Ma si possono conciliare le legittime aspettative degli allevatori con l’altrettanto indispensabile tutela della biodiversità di cui il lupo è elemento essenziale?

Secondo Luigi Boitani, il più importante studioso italiano del lupo, ci sono tre pilastri da rispettare:

La prevenzione, il risarcimento del danno e anche, se ritenuta utile, l’eventuale rimozione di qualche esemplare eseguita in maniera chirurgica in ben definite condizioni. La prevenzione è lo strumento principe e , su questo, noi italiani siamo stati e siamo ancora maestri nel mondo. Il cane da pastore maremmano-abruzzese è una razza eccezionale, risalente ad epoca pre romana, perfetto per contrastare gli attacchi se gestito bene e con la presenza del pastore(…) Il risarcimento del danno è una seconda misura indispensabile per alleviare le tensioni sociali. Infine il prelievo : i “lupari” da noi ci sono sempre stati; in genere erano pastori che intervenivano quando i conflitti locali diventavano eccessivi”.

Ma lo stesso piano nazionale ricorda che esiste un problema :

La diffusa presenza nel nostro Paese di cani vaganti costituisce un grave, forse il maggiore, fattore di minaccia per la conservazione del lupo e di diverse altre specie selvatiche, e sono molto più numerosi dei lupi (Boitani, 1983; Genovesi e Dupré, 2000). I cani vaganti, infatti, entrano in competizione con il lupo per le risorse, costituiscono un grave pericolo sia per motivi sanitari che per il rischio di ibridazione, e acuiscono il conflitto con gli allevatori per i danni che possono provocare al bestiame e che sono erroneamente attribuiti al lupo. Una notevole componente di tale impatto va imputato ai cani padronali non controllati, che rappresentano inoltre un enorme bacino di reclutamento di cani randagi e inselvatichiti.

Problema che è di difficile soluzione anche per la mancanza di normative in materia o la presenza di leggi che niente hanno a che vedere con la conservazione della biodiversità.

Per dare una dimensione del problema basta ricordare che recenti studi(Ibriwolf finanziato dalla commissione europea) attestano che in alcune aree appenniniche gli ibridi rappresentano anche il 30-40% della popolazione di lupi presenti.
“Ma come possiamo dire che l’inquinamento del patrimonio genetico del lupo, che così perfettamente ha permesso al predatore non solo di adattarsi e sopravvivere agli eventi storici, ma anche di riprendersi da minimi storici che lo davano per destinato all’estinzione, non lo porti all’impoverimento di tali vincenti caratteristiche, creando di fatto individui che non potranno più chiamarsi lupi appenninici? Cosa vogliamo che sia presente nei nostri boschi?” (Valeria Salvadori – biologa coordinatrice progetto Ibriwolf).
Il ritorno del lupo è stato favorito anche dalla grande presenza di ungulati che sono ancora oggi la prima preda per i branchi . Ungulati che sono cresciuti in modo esponenziale :

Nell’intervallo compreso fra 1980 e 2010 il cervo ha incrementato la sua consistenza più del 700%, il capriolo del 350 % circa e le altre specie per valori che vanno dal 120% (camoscio alpino) al 300 % (muflone). In particolare il cinghiale, per il quale mancano stime relative al 1980, pare essere aumentato del 400% negli ultimi 15 anni”, con una popolazione di quasi 2 milioni di esemplari.

I danni economici causati dal lupo risultano, in assoluto, notevolmente inferiori a quelli causati da altre specie selvatiche (per es. il cinghiale), ma tendono a concentrarsi localmente e ad aumentare rapidamente in assenza di efficaci misure di prevenzione, determinando in alcuni casi perdite insostenibili da parte di singoli allevatori o delle comunità locali. Difatti i danni, anche di modesta entità, costituiscono sempre un problema per il singolo allevatore; inoltre, possono localmente raggiungere dimensioni vistose e costi molto significativi anche per tutta la collettività. “(piano nazionale lupo)

Ai punti indicati da Boetani sulla prevenzione , risarcimento ed eventuale limitazione, il piano aggiunge la necessità della registrazione dei dati :” la disponibilità costante di dati attendibili sul livello dei conflitti (entità dei danni, loro modelli spaziali e temporali, ecc.) è un elemento irrinunciabile per poter gestire efficacemente il problema dei conflitti. Si deve infatti essere in grado di confrontare i costi dei danni a quelli di una eventuale rimozione e di verificare l’efficacia di misure ordinarie o straordinarie di prevenzione e indennizzo. La procedura di denuncia di un evento predatorio deve essere più semplice possibile.”

Comunque le azioni previste sono così riassunte:

Azione 3.1: Ampliamento della informazione e divulgazione sui sistemi di prevenzione

Azione 3.2 Indennizzo dei danni, sussidi e incentivi per la prevenzione

Azione 3.3: Revisione e uniformità delle regole sul pascolo brado e semi-brado

Azione 3.4: Analisi e corretta valutazione dei danni da parte dei veterinari, coordinamento tra ASL, Regioni, aree protette e enti locali

Azione 3.5: Individuazione delle aree di predazione e previsione delle specifiche misure di prevenzione

Azione 3.6: Valutazione dell’efficacia delle misure di prevenzione adottate

Un ultima annotazione riguarda i cambiamenti climatici in quanto sembra che una delle cause che ha portato ( almeno in appennino) il lupo ad avvicinarsi al fondovalle siano state annate molto siccitose come il 2003 che portarono molti animali ad abbandonare il bosco e le quote più alte per andare alla ricerca di cibo vicino ai campi coltivati.

Uno studio pubblicato da Nature Communication nel 2015 lega l’evoluzione del lupo a quella del clima, in quell’analisi i fossili di 32 specie di antenati dei canidi (comprendono Lupi e cani) risalenti ad un periodo tra 40 e due milioni di anni fa , hanno mostrato come l’evoluzione di questa specie fosse influenzata dai cicli di riscaldamento e raffreddamento climatico (…) che avrebbero costretto gli antenati dei canidi ad abbandonare le foreste per spostarsi nelle praterie e proprio questo nel corso di milioni di anni li avrebbe trasformati nei cani e nei lupi che oggi conosciamo”(Elisa Palazzi).
Per assurdo bisognerebbe ritornare alla collaborazione preistorica che permetta al lupo di svolgere la sua funzione naturale al vertice della piramide alimentare per il contenimento degli ungulati. Questo è sufficiente per una convivenza tra attività allevatoriale ed tutela del lupo? E soprattutto come si raggiunge un obiettivo del genere? Intanto la scienza potrebbe dare qualche risposta . Uno studio sull’espansione del lupo nella regione alpina del 2013 legava la presenza in una data area ad alcune variabili come la presenza di prede, la copertura forestale, l’altezza dei rilievi, i livelli di disturbo antropico. “estrapolando le relazioni trovate a tutte le Alpi è stato possibile capire che esse contengono un’ampia percentuale di aree, in cui oggi il lupo è assente, con i requisiti minimi per la sopravvivenza della specie e quindi potenzialmente colonizzabili in futuro. Questa informazione è preziosa e potrà essere utilizzata per supportare le politiche di conservazione a lungo termine del lupo, specie fondamentale per gli ecosistemi, e di convivenza della stessa con le attività economiche del territorio e con le popolazioni locali”(E.Palazzi).
“Sentono l’ululato del figlio della notte, meno il grido degli umani che fanno parte della stessa civiltà” ha scritto un allevatore piemontese . Sono parole amare di una persona che si sente offesa nel proprio lavoro e non ascoltata. Bisogna invece ascoltare i nostri allevatori coscienti che anche la tutela della biodiversità è un obiettivo fondamentale nella valorizzazione di un territorio.

Leonardo romagnoli

27.11.17

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