Alta velocità in Mugello : ridotti gli interventi di mitigazione.

Alta velocità in Mugello : ridotti gli interventi di mitigazione.

Niente soldi neppure per la Faentina?

Nel corso di un recente convegno sul Mugello e la Sieve in occasione dell’uscita del libro del geologo Giuliano Rodolfi sono state dette cose interessanti sul nostro territorio e fra i vari interventi non ha ricevuto la dovuta attenzione la relazione del dott. Adessi geologo della Regione Toscana che è stato l’unico a dire qualcosa di nuovo e purtroppo non rassicurante sui lavori di ripristino ambientale a seguito dei lavori dell’alta velocità.
tunnel av

Nella sostanza le questioni rilevanti sono diverse:
1) mancano i soldi previsti dall’addendum del 2002
2) devono essere di conseguenza ridimensionati molti degli interventi previsti
3) devono essere stornati soldi dalle opere alla manutenzione per evitare che anche ciò che è stato realizzato non svolga la sua funzione.
4) esiste un contenzioso tra Regione Toscana e Ministeri con un ricorso al Consiglio di Stato che attende una sentenza da 2 anni dopo una sentenza negativa del Tar del Lazio proprio in relazione ai fondi mancanti dell’addendum.

Mentre le opere acquedottistiche individuate dall’addendum sono state sostanzialmente completate (l’ultima è la fognatura/acquedotto da Ronta a Rabatta) con una parte dei 53 milioni previsti, per gli interventi di mitigazione ambientale ( che riguardano i fiumi e l’approvvigionamento per l’agricoltura) la Regione per ora ha ricevuto solo 16,5 milioni di euro degli oltre 30 previsti.

Tutto questo ha richiesto recentemente un “secondo aggiornamento del protocollo d’intesa per gli interventi di mitigazione ambientale delle aree attraversate dalla Linea AV Bologna-Firenze” sottoscritto dalla Regione e dagli enti locali che “ prende atto della mancata corresponsione da parte dello Stato di complessivi euro 15 milioni e da parte di RFI di 1.200.000 euro” e prevede una “ rimodulazione degli interventi che ne limiti il numero” e destini le economie accertate sugli interventi fatti e da fare “alla gestione e manutenzione delle opere realizzate”(tot. 2.220.668 euro).

Nell’ambito del nuovo accordo procedimentale tra le “opere idrauliche di fondovalle” si individua una priorità assoluta nel “lotto 3” che è quello composto dagli invasi Pergola A, Pergola B, Pergola C e Tabernacolo tra i comuni di Borgo San Lorenzo e Scarperia e San Piero con uno stanziamento di quasi 4 milioni di euro, mentre vengono di fatto fermate le opere dei lotti 1( Invaso del Fiorentino a Luco) e lotto 2 (Chisciano A e B ). Per il lotto 1 potrebbe trattarsi di una cancellazione definitiva mentre per il lotto 2 si parla di “rimodulazione”, altri lotti previsti , come l’invaso di Cardetole, rischiano di arrivare neppure alla fase preliminare.
La progettazione definitiva, per il lotto 3, è stata completata e le competenze per la realizzazione , che erano della Comunità Montana, ora passano all’Unione dei Comuni.
La situazione del Carza e Carzola è, se si può dire, ancora peggiore in quanto l’unico intervento previsto dal nuovo accordo è un invaso che però non ha progettazione e finanziamenti. Rispondendo in consiglio regionale ad un interrogazione del consigliere Romanelli di Sel sulla situazione del Carza , l’assessore Bramerini affermò nel 2013 che “non sono stati stanziati per interventi sul Carza fondi derivanti dall’addendum né nella fase 1a né nella fase 1b, una simile situazione si è verificata in quanto nel momento in cui si iniziavano a delineare gli impatti sul T. Carza, scaduto l’accordo procedimentale e non essendo stato rinnovato l’ Osservatorio Ambientale Nazionale, venivano a mancare gli interlocutori istituzionali con i quali confrontarsi su possibili azioni da intraprendere e soprattutto si apriva la questione dell’ottenimento dei fondi non ancora erogati e degli ulteriori importi derivanti dagli interventi introdotti dal Master Plan ( Un piano che prevedeva interventi necessari per l’impatto ambientale per 100 milioni di euro, quindi 47 in più dell’addendum. ndr). “Occorre inoltre , disse la Bramerini, tenere conto che non essendo stato il Carza inserito nel programma di monitoraggio ambientale, veniva a mancare una serie storica di dati di monitoraggio che permettesse di quantificare, alla data del 2007, l’entità degli impatti, la loro estensione e persistenza”.tavmugello
Il Comune di Scarperia e San Piero nell’atto che approva l’aggiornamento del protocollo proposto dalla Regione ha chiesto “la dovuta attenzione al torrente Carza e conseguentemente la concessione di un finanziamento per mettere in atto tutte le possibili azioni per ripristinare il deflusso delle acque”.
Il vero problema è la mancanza di fondi e i tempi biblici nella programmazione degli interventi, dato che l’addendum risale al 2002. Su tutto pesa come un macigno , anche per altre questioni, il ricorso al Tar della Regione Toscana per chiedere l’erogazione delle risorse del Cipe e di Rfi . La Regione toscana ha presentato il ricorso il 3 agosto 2010 sul mancato rinnovo dell’accordo procedimentale e relativo osservatorio ambientale, la diffida a svincolare fideiussioni a garanzia della corretta esecuzione delle prescrizioni ambientali, la mancata erogazione delle restanti risorse previste (15 milioni di euro). “Con sentenza del 4 aprile 2012 il TAR ha respinto il ricorso promosso dalla Regione Toscana ritenendo che l’accordo procedimentale del 1995 e l’addendum del 2002 sarebbero privi di cogenza giuridica”. La Regione ha contestato questa tesi facendo appello al Consiglio di Stato che dopo tre anni non si è ancora pronunciato! Come sottolineato anche dal consigliere Carraresi nel corso della discussione in Consiglio Regionale del luglio 2013 “questo è un campanello d’allarme” perché riguarda gli atti fondamentali relativi a rimborsi e risarcimenti che secondo il Tar “sarebbero privi di cogenza giuridica”.tav
Il geologo Adessi nel corso del convegno citato all’inizio ha dichiarato che la Regione dovrebbe ottenere giustizia dal Consiglio di Stato in quanto la pronuncia del tar si sarebbe basata sulla mancanza di un documento che invece è stato allegato al nuovo ricorso, insomma una questione di forma più che di sostanza. Personalmente non sarei così ottimista, pur ritenendo la sentenza una mostruosità. Nel dispositivo si legge infatti tra le motivazioni : “ si deve evidenziare che sia l’addendum del 2002 che dall’accordo di programma del 1995 non derivino obbligazioni immediatamente esigibili a carico delle parti, ma era previsto l’impegno, che si sarebbe dovuto realizzare nella prosecuzione del tavolo tecnico e nell’attività dell’Osservatorio Ambientale”(che non è stato rinnovato dal 2007). Inoltre, secondo il Tar, atti come gli accordi procedimentali che “ le pubbliche amministrazioni concludono per disciplinare lo svolgimento di attività di interesse comune”(…) sono applicabili(…)in quanto compatibili., quindi , i principi generali in materia di obbligazioni e contratti sono applicabili solo previa verifica di compatibilità”. Quello che sostiene Adessi è in relazione ad un altro punto della sentenza quando il Tar parla di mancata stipula dell’Atto Integrativo che avrebbe dovuto effettivamente costituire le obbligazioni e “ comunque di ciò non è stata data alcuna prova da parte della Regione Toscana”. E’ questo l’atto che la Regione ha ora prodotto? Ma il Tar insiste anche sull’accordo del 1995 ritenendolo scaduto nel 2006 (come da nota del Ministero dell’ambiente) “ne deriva – scrive il Tar- che in alcun modo può farsi discendere l’obbligo dei Ministeri e delle società intimate di pagare delle somme, la cui effettiva esistenza e quantificazione era comunque anche rimessa ad ulteriori sviluppi procedimentali”. Sono già passati tre anni e tutto tace e, anche se ritengo la sentenza discutibile, si apre anche una questione istituzionale di rapporti tra enti che di fatto possono non ritenere cogenti gli atti procedurali che vengono firmati. Le questioni giuridiche non c’entrano più niente, è un probema di correttezza e credibilità politica e istituzionale. Su questo la Regione Toscana ha pienamente ragione.

Tutto questo potrebbe avere delle ripercussioni dirette su un’altra questione spesso sollevata in questi anni dal comitato dei Pendolari del Mugello relativa alla ferrovia Faentina ovvero i famosi 30 milioni di euro previsti per l’elettrificazione della linea e che da anni viene chiesto di utilizzare per ammodernare la rete e i mezzi rotabili. Leggendo gli atti sottoscritti nel corso degli anni personalmente sono convinto che quei soldi avessero quella specifica destinazione e l’annullamento del progetto comportasse la perdita del finanziamento, ma anche chi la pensa diversamente deve mettere in conto che la pronuncia del Tar del Lazio di fatto ritiene “non cogente” quanto previsto negli accordi del 1995 e aggiornamenti successivi. Compreso quindi i finanziamenti sulla Faentina.
Su questa vicenda c’è solo da ricordare che il 4 settembre 2013 l’allora senatore Riccardo Nencini presentò un’interrogazione al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti in cui ricordava che in vari protocolli sull’Av e infine nell’accordo integrativo del 2001 si diceva che “ per la ferrovia Faentina ci si impegna alla progettazione definitiva dell’elettrificazione entro il 2001; avvio della realizzazione entro un anno e conclusione della conferenza dei servizi e della disponibilità del relativo finanziamento(già previsto in 60 miliardi di lire), importo in aumento rispetto alla previsione iniziale”. Per molti anni non si è fatto assolutamente nulla e poi nel 2010 nell’atto aggiuntivo si è corretto la cifra in 31 milioni di euro “finanziando con un milione di euro lo studio di fattibilità per la riqualificazione della linea medesima”. Nencini nella sua interrogazione ricordava come l’assemblea della Comunità Montana nel novembre 2006 avesse dichiarato , vista l’incertezza sulla elettrificazione, “la disponibilità delle istituzioni del territorio a far convertire tali risorse dedicate e sottoscritte per l’acquisto di nuovo materiale rotabile diesel da utilizzare a favore della tratta ferroviaria “Faentina” e per interventi infrastrutturali come l’aumento dei tratti per l’interscambio dei treni. Ritenendo che dopo 17 anni la popolazione e gli enti locali “debbano pretendere giustamente e definitivamente- scrive Nencini – il rispetto totale da parte dello Stato di quegli accordi faticosamente sottoscritti o , in alternativa, perlomeno capire con chiarezza a che livello istituzionale o a quale figura pubblica attribuire la responsabilità di tale inerzia e omissione” chiede la Ministro se sia a conoscenza dei fatti e e ritenga giusto onorare pienamente gli impegni più volte sosttoscritti. A quanto mi risulta il Ministero non ha mai risposto a questa interrogazione ma il fatto curioso è che nel frattempo Nencini è diventato viceministro alle Infrastrutture e Trasporti. Risponderà il viceministro alle sollecitazioni del senatore Nencini?

Leonardo Romagnoli

5.4.15

I commenti sono chiusi.