il boom di stage e tirocini

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di Diana Cavalcoli

Boom di stage e non solo per i giovani. È questo il quadro che emerge dal primo (inedito) monitoraggio dell’agenzia nazionale Anpal sui tirocini extracurriculari. Parliamo di quei percorsi di formazione svolti dopo la fine degli studi e quindi, per legge, retribuiti.

La prima notizia arriva dai numeri: se nel 2012 contavamo 185 mila tirocini attivati, nel 2015 se ne registrano 348 mila, complice l’avvio del programma europeo Garanzia Giovani. E il 2017 potrebbe segnare il record:  i dati sono in aggiornamento ma viaggiamo verso le 370 mila attivazioni. Un raddoppio in 5 anni.

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Il popolo degli stagisti con ‘paga’ sta quindi crescendo e ragionando in termini d’età emerge un altro elemento . Se è vero che circa il 75 per cento dei tirocini è svolto da under 29 anni c’è un 11,4 per cento di tirocinanti over 40.

Il che significa come sottolinea Franchesco Seghezzi del centro studi Adapt che «in un caso su 10 il tirocinio è usato come forma di reinserimento lavorativo».

Paradossale se si pensa che lo stage dovrebbe rappresentare uno strumento di INserimento lavorativo per chi è in cerca del primo impiego. I giovani per l’appunto. La buona notizia, se non altro, è che con il passare del tempo sono aumentate le possibilità di assunzione dopo un tirocinio.  Nel 2017 dopo un mese erano del 27 per cento, mentre nel 2012 erano appena dell’8,4.

Bisogna però valutare le tipologie contrattuali utilizzate per ‘legare’ gli stagisti all’azienda. Dopo sei mesi il 37,5 per cento ha un contratto di apprendistato,  il 32,8 per cento un contratto a termine e solo il 26,1  firma per l’indeterminato. In particolare, se il datore di lavoro è lo stesso del tirocinio, l’apprendistato sale al 44 per cento.  Un dato che ci mette di fronte a un’evidente stortura nell’utilizzo del tirocinio extracurriculare. Significa che le aziende scelgono (per risparmiare a voler pensare male) la formula stage+apprendistato prolungando così la formazione di ragazzi che in realtà hanno già formato, almeno sulla carta.

«Lo stage in sostanza – denuncia Seghezzi – per alcune imprese sta diventando un periodo di prova senza l’obbligo di versare i contributi  ai ragazzi. Non si capisce perchè non far partire da subito l’apprendistato».

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Utile anche riflettere sul settore in cui viene attivato lo stage: nel commercio e nella ristorazione i tirocini extracurriculari sono quasi triplicati. Tre domande sorgono spontanee in conclusione: in questi ambiti servono davvero stagisti? Che tipo di formazione viene offerta? E non sarebbe meglio favorire il già citato apprendistato che almeno garantisce i contributi ai ragazzi al contrario dello stage? La risposta non piacerà ad alcune aziende.

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